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Quando a piangere per gli arbitri era la Juventus

Quando a piangere per gli arbitri era la Juventus

Nella nostra ricerca di documenti storici per la serie di pezzi sulle vittorie del Napoli in casa della Juventus (qui il racconto della vittoria del 9 novembre 1986), abbiamo trovato anche qualche piccola chicca arbitrale relativa al famoso 1-3 che lanciò Maradona, Bianchi e il Napoli verso il primo scudetto della sua storia. 

Sul Corsera del 10 novembre, in taglio basso, un articolo dal titolo eloquente: «Nuova crociata della Juve contro Agnolin: “È cieco”». Nel pezzo, si legge di un Boniperti «che si cuce la bocca ma schiuma rabbia», del precedente negativo dell’arbitro di Bassano del Grappa con i bianconeri («La novità del giorno è che la Juve è di nuovo sul piede di guerra con Agnolin, come nell’ottobre di sei anni fa, ai tempi del famoso derby vinto dal Torino per 2-1, caratterizzato dal caso-bettega. Per quattro anni Agnolin non ha più arbitrato la Juve») e dell’infortunio che avrebbe colpito il direttore di gara nell’intervallo e avrebbe in qualche modo compromesso la sua prestazione nella ripresa.

L’attacco all’arbitro è nelle parole di Stefano Tacconi, portiere bianconero: «Qualcuno farebbe bene ad usare gli occhiali; la moviola ha confermato quelli che erano i nostri sospetti sul campo. Il primo e il terzo gol erano in fuorigioco solare. Non cerco alibi, il Napoli ha meritato di vincere, ma la Juventus paga errori clamorosi. Due casi determinanti mi sembrano troppi. Certa gente avrebbe bisogno di farsi curare, perché o non ci vede bene o se ci vede bene chiude gli occhi. Lì per lì non abbiamo avuto la forza di protestare, ma anche i guardalinee ci hanno condannato. Contro il Milan, all’inizio di ottobre, ci venne annullato un gol per fuorigioco ininfluente di Scirea, stavolta è assurdo sostenere che Bonini tenesse in gioco Giordano e Maradona. Anche noi abbiamo avuto le nostre colpe, abbiamo preso due gol su calci d’angolo, covremmo darci una regolata, però gli errori restano».

Non è tutto. La Stampa, nel suo “Processo al Processo”, una fantasiosa recensione su carta stampata del Processo di Biscardi della sera prima, riparla così delle proteste della società bianconera: «La vicenda fuorigioco fa discutere, eccome. La Juventus si becca un coro di rimproveri, ma nessuno stranamente tira di nuovo fuori il caso di Turone. […] E pensare che persino Giordano si è arreso alle immagini televisive. Il centravanti del Napoli ammette: “Sul terzo gol il fuorigioco c’era; sul primo non ho visto bene”». Presente, nel pezzo, anche questa descrizione della serata da ospite di Pierpaolo Marino, all’epoca secondo braccio del presidente Ferlaino dopo Italo Allodi: «Marino ha l’aspetto dello studente secchioncelloprimodellaclassesotuttoio, di quelli, tanto per intenderci, che sui banchi della prima B dicevano “Oh, com’è brava la maestra, guai a chi parla male di lei” […] La Juventus si lamenta per i due gol segnati in fuorigioco e lui tira le orecchie a questi birboni di bianconeri, invitandoli ad essere più seri. Vedremo adesso, che è in vetta al campionato c’è o Napule, se Marino sarà altrettanto distaccato al primo torto subito da Giordano e compagni».

L’articolo schiuma rabbia e anche quella che oggi definiamo discriminazione territoriale. Leggete qui: “Salvatore Biazzo cede il microfono a tal Chiummariello (dal cognome si evince subito che si tratta di un emigrato trentino che ha trovato fortuna come pizzaiolo a via Caracciolo) che si sente in dovere di chiedere scusa ad Agnolin perché i giocatori della Juve si sono permessi di farlo passare per un incompetente. Davvero commovente”. E infine un passaggio dedicato a Nino D’Angelo definito “l’unico napoletano al mondo con la chioma biondo oro”.  

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