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Considerati i tempi brevi che si prospettano, chiamerei il nuovo stadio “Salerno-Reggio Calabria

Considerati i tempi brevi che si prospettano, chiamerei il nuovo stadio “Salerno-Reggio Calabria
Il mio Legia Varsavia – Napoli 0-2
– Il turnover è un cesso. Parafrasando il nostro presidente in perfetto stile anglosassone, ogni volta che penso alla rotazione dei giocatori mi sento male.
– Nel corso degli anni, ho imparato che i gironi dell’Europa League danno la dimensione del valore dell’intera rosa. La panchina è sempre stata il nostro tallone d’Achille e il turnover, volente o nolente, è necessario, pur mettendo a nudo il nostro ceramico limite. 
– Non è esistita stagione infatti in cui non si siano verificate figurelle infime. Il più delle volte per l’inevitabile impiego contemporaneo di calciatori non troppo avvezzi al campo o alla sfera. A memoria, ricordo un pareggio in extremis col Bucarest, ove ne prendemmo 3 in pochi minuti; un 3-3 con l’Utrecht in cui Cribari ci mostrò meraviglie; un 3-0 ad Ehindoven in completa balìa degli avversari; un 3-1 simile a Dnipro; ne prendemmo 5 tra andata e ritorno dal Viktoria Plzen di capitan Horvath che si faceva notare più per le maniglie dell’amore che per i piedi; sino al pessimo 2-0 dello scorso anno nella fatale Berna con lo Young Boys.
– Sul turnover, nel tempo, si sono sprecati milioni di pagine e litri di inchiostro e, nel nostro caso, visti i risultati, è sempre stato percepito con scetticismo o addirittura come fosse una puzzolente malattia contagiosa. Il turnover è come il San Paolo.
– A proposito di San Paolo, considerati i tempi brevi che si prospettano, proporrei di chiamare il nuovo impianto “Stadio Salerno-Reggio Calabria”.
– Il turnover è in realtà l’ago della bilancia, un ago a doppio taglio: può essere una grande risorsa o può rappresentare un danno. Quando le cose vanno nel verso sbagliato, i giocatori meno utilizzati si deprimono, diventano piccoli e neri, non si sentono all’altezza e magari, in gare più importanti durante la stagione in cui vengono chiamati in causa, sentendosi reietti, non riescono ad esprimersi al meglio e dare il proprio contributo. È normale quindi che per i tifosi al turnover siano associati Leroy Merlin o Richard Ginori. 
– Il mio approccio alle trasferte di Europa League, per questo motivo, è sempre stato molto blando e con poche aspettative. Con la curiosità, più che la passione, a farla da padrona. In casa, bene o male, il Napoli ha sempre costruito la qualificazione ai turni successivi, mentre in trasferta si sono spesso palesati quelli che sono i purpi cilindrici della rosa.
– Siccome lo zio Sarri ha sempre dichiarato di non aver mai avuto un grande feeling con il turnover, e siccome lo zio Sarri è alla prima esperienza in cui deve affrontarlo necessariamente, ho assistito alla prima trasferta europea con ancora più curiosità.
– Gabriel, Chiriches, Maggio, Valdifiori, Lopez e Gabbiaridi centravanti sono stati gli uomini “nuovi” rispetto agli stabili titolari. Ci sarebbe anche Mertens ma non sono riuscito ad infilarlo in questa lista. 
– L’aspetto più importante: il livello della squadra non è calato. Sono mancati dei colpi, probabilmente il ritmo del primo tempo è stato più compassato, ma il modo di stare in campo, la solidità e l’identità non sono venuti meno.
– I “nuovi” e la guardalinee hanno ben figurato. Tutti al di sopra delle precedenti uscite.
– Probabilmente il Legia (come il Brugge) non è un avversario temibile su cui poter ricamare epinici gloriosi ma, allo stesso tempo, non voglio riproporre il menù di cui sopra di pippe e di panze avversarie che nel corso degli anni ci hanno fatto urlare “vergogna!”.
– Nella prima frazione si è badato al controllo e alla gestione, altro aspetto su cui si cerca di lavorare da anni: i polacchi sono così stati relegati all’interno della propria metà campo senza avere la possibilità di tirar fuori la testa dal sacco o dalla tazza.
– Si è concretamente sfiorata la rete solo nell’occasione “tiro io, no, no, tira tu” tra Calle e Mertens, per poi finire il pallone sul piattone di Lopez che stranamente non si è schiantato tra le auto sulla tangenziale polacca: salvataggio sulla linea del difensore e salvataggio involontario di mascella del portiere sulla ribattuta di Gabbiaridi.
– Occasioni per il Legia: zero. Salvo un avventato retropassaggio di Kulì che ha prodotto patemi, ma non pericoli. Insomma, si è abbastanza dormito in tranquillità.
– Nella sonnolenza però, una notizia ci ha letteralmente sconvolti. Il Minao, nel suo solito tour su internet, ha smosso i nostri animi e i nostri cuscini: ragazzi, ho appena letto che Giuntoli ha parlato a Sky.
Reazione istintiva all’usino di tutta la banda: nooooo.
Da lì, le più disparate domande: che voce ha? Ma ha parlato o ha fatto i mimi? Ma quindi esiste? Ma quindi il presidente lo ha presentato? E che ha detto? Portobello?
Il Minao: non lo so. Ma giuro che ha parlato.
– Se nel primo tempo erano mancate il ritmo o le fiammate, nella ripresa è cambiato il senso. Ma senza fretta o ansia.
– Si è continuato a sonnecchiare fino a quando è suonata la sveglia (e la carica): Valdifiori ha pescato Calle sulla destra, scattato come al solito sul filo del fuorigioco, cross in area e Mertens, come un rapace, ha impattato perfettamente il pallone di testa sul primo palo per spedirlo con violenza nell’angolo alto alla sinistra del portiere. 1-0
– Il Legia ha reagito giusto il tempo di vedere un’auto-traversa di Maggio per poi ritornare velocemente nell’oblio e lasciare campo ai nostri.
– Mertens ha sfiorato il raddoppio su schema da calcio da fermo; Allan si è garganizzato e ha fallito due ghiotte occasioni in solitudine; Gabbiaridi ha prima sfiorato un pallone invitante al centro dell’area e poi non è riuscito a pungere su perfetto e bellissimo lancio lungo di El Kaddouri; Valdifiori ha tentato addirittura la via della rete direttamente da angolo; ancora Gabbiaridi ha impegnato il portiere con un tiro deviato e infine un classico piattone di Lopez in tangenziale che ha spaccato lo specchietto di una Fiat 127 che, visto il gemellaggio con gli juventini, da quelle parti va ancora assai di moda.
– Gli avversari: solletico con tiri senza troppe pretese dalla distanza comunque ben controllati da Gabriel.
– Nel finale è entrato Higuain che ha definitivamente tirato la catena. All’inizio non si è notato. Il Giuffrè ha giustamente chiesto, pur conoscendo la risposta: ma Gonzalo lo ha toccato un pallone?
– Doppio scambio con El Kaddouri molto veloce; stop sul vertice dell’area di rigore polacca, slalom su tot giocatori avversari, nove tocchi e poi la folgorazione.
– Nemmeno il replay ha svelato quanti polacchi è riuscito a superare.
– Prima di questo evento, ho ripensato all’aggancio al cielo di Mertens e al tacco volante di Calle e non riuscivo a decidermi su quale gesto fosse stato il più bello della partita.
– All’83’ ho rimosso tutto. Pure la guardalinee. 
– L’unico commento che sono riuscito a tirare fuori l’ho rubato proprio al Gonzalone: mammamà.
– Negli ultimi minuti è entrato anche il giovane Chalobah, per le amiche Sciabolà, esordiente con la maglia azzurra.
– Insomma, prima trasferta europea, primo turnover e prima vittoria, schiacciante, per lo zio Sarri.
Li abbiamo letteralmente presi a schiaffi e a tavolette. Con lo sciacquone e in scioltezza.
Siamo primi nel girone, non abbiamo subito reti, abbiamo giocato da squadra pur privi di tanti titolari e ha parlato pure Giuntoli. Cosa volere di più?
– Insomma, amo vincere col minimo sforzo, amo le guardalinee, amo la nostra panchina, amo la panza del Gonzalone, amo il turnover…
La 10 non si tocca
Forza Napoli Sempre
Gianluigi Trapani
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