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Liverpool torna a sognare con Klopp il Menschenfänger: «Le squadre di Wenger sono un’orchestra, io amo l’heavy metal»

Liverpool torna a sognare con Klopp il Menschenfänger: «Le squadre di Wenger sono un’orchestra, io amo l’heavy metal»

C’è un fotogramma che sta circolando molto in questi giorni su Twitter e risale al 10 agosto 2014, quando poco prima dell’amichevole tra Liverpool e Borussia Dortmund, l’allora tecnico dei nero-gialli percorrendo lo stretto corridoio verso il campo tocca il famoso cartello “This is Anfield”. È una scena che nei prossimi tre anni molto probabilmente si ripeterà spesso, spetterà infatti a Jurgen Klopp sostituire Brendan Rodgers sulla panchina de Liverpool.

La stragrande maggioranza degli osservatori sembra quasi assolvere l’ex tecnico di Swansea e Reading, individuando nella società, in particolare nel transfer committee (4 dirigenti più l’allenatore), l’origine di tutti mali. Pare infatti che Rodgers, all’interno di questo comitato, non avesse grande potere decisionale: la stampa ricorda come, ad esempio, gli acquisti del difensore dello Swansea, Ashley Williams e del terzino sinistro dei Saints, Ryan Bertrand siano stati bloccati dalla società, nonostante le insistenti richieste del tecnico, in quanto entrambi con un’età superiore ai 24, distanti dal target richiesto dalla società

Questo discrimine anagrafico – ricorda Samuel sul Mail – non avrebbe consentito a storici calciatori come Dalglish, Hyypia e Kuyt (quest’ultimo nella top 20 dei 100 giocatori stilata dalla Kop) di poter giocare ad Anfield.

Nelle quattro precedenti sessioni di mercato sono stati acquistati 31 giocatori – non tutti under 25 – per una spesa totale di 291 milioni di sterline, risulta perciò difficile credere ad un commissariamento totale di Rodgers; a sua parziale discolpa è giusto far notare come un giocatore del calibro di Luis Suarez sia praticamente insostituibile, con i soldi della sua cessione però sono stati acquistati ben quattro attaccanti e dopo un anno: o sono stati girati in prestito (Balotelli al Milan, Markovic al Fenerbahce); o fortemente voluti e poco utilizzati (Origi dopo il prestito al Lille – giocatore di classe mondiale lo definì il tecnico – quest’anno una sola presenza) oppure subito venduti (Lambert al West Bromwich). 
Queste cessioni (dopo appena un anno!) sono evidentemente sintomo di una società in forte stato confusionale e senza una strategia chiara, infatti il Liverpool è tornato ad investire sul mercato comprando quest’estate altri tre attaccanti: Benteke dall’Aston Villa per 32 milioni di sterline, Ings dal Burnley e Firmino dall’Hoffenheim.

Neil Ashton sul Mail ha però rivelato come dietro queste scelte, evidentemente rivelatesi sbagliate, non ci fosse solo dilettantismo gestionale ma una precisa strategia, detta del Moneyball, un modello statistico progettato per individuare il massimo valore di un giocatore da acquistare durante la sessione di mercato. Chiaramente con il decimo posto in Premier e diversi giocatori strapagati, è necessaria qualche correzione, anche perché il fallimento di Rodgers dimostra come il transfer committee così come strutturato è impraticabile

Il responsabile di questa strategia è Michael Edwards, Director of Technical Performance della società, il quale nonostante la scarsa esperienza calcistica ha una fortissima influenza nel transfer committee; alle riunioni del board si presentava con dati e grafici sui potenziali obiettivi, cosa che infastidiva non poco Rodgers.

Per gli americani però Edwards era il go-to-guy (l’uomo giusto e di fiducia, volendo abbozzare una traduzione), colui che dopo ogni partita mandava una dettagliato report ai proprietari e li aggiornava sull’andamento della squadra, mettendo così pressione a Rodgers. 

Sottolinea Ashton come Edwards e il suo team di analisti siano gli alfieri di un nuovo modo d’intendere il calcio: big data football o calcio intelligente. Non una novità assoluta, intendiamoci, ma ormai sembra che il talento di un calciatore sia unicamente legato ai numeri e alle statistiche; alle riunioni in pochi secondi era in grado di dirti quanti assist il giocatore X della squadra Y aveva fatto durante la stagione, soppiantando così la vecchia rete di osservatori e il settore scouting.

Gli errori sul mercato da soli non bastano a spiegare la parabola discendente di un tecnico che solo un paio di anni prima aveva vinto il premio come miglior manager dell’anno. 

Rodgers arrivò a Liverpool nel 2012 con lo scopo di trapiantare quell’idea di calcio che aveva trasformato una buona squadra gallese come lo Swansea in Swanselona, grazie ad un gioco molto simile al Barça del tiki-taka. Nel settembre 2012 chiarì, in quello che diventerà una sorta di manifesto programmatico, quale fosse la sua idea di calcio: “Quando hai la palla per il 65-70% del tempo it’s football death per l’altra squadra. Noi non siamo ancora in questa fase, ma ci arriveremo. It’s death by football”.

Rodgers puntava ad avere una squadra di “matador” che tormentavano gli avversari con il possesso-palla, per poi colpirli. Uno stile di gioco che raggiunse il suo apogèo nella stagione 2013-2014. Quest’identità però sembrava essersi perduta, quel Liverpool si è visto solo a sprazzi. A conferma dell’involuzione del gioco dei Reds ci sono anche i dati sul possesso palla – elemento fondamentale della sua filosofia di gioco – in cui la squadra di Rodgers non primeggia mai. Chiaramente, come più volte sottolineato sul Napolista, i numeri aiutano a comprendere ma non spiegano tutto, in particolar modo l’unico numero importante è quello delle reti segnate e in campionato il Liverpool viaggia alla media di un gol a partita. Troppo poco.

La verità è che Rodgers ha iniziato troppo spesso cambiare modulo di gioco, esagerando con gli esperimenti tattici e minando così le sicurezze di una squadra molto fragile. Si è forse spinto troppo in alto. Non avendo alle spalle una società particolarmente solida dal punto di vista strategico, ha tentato di sovvertire, come scrive Wilson sul Guardianle gerarchie del calcio inglese, provando a dare una precisa fisionomia al Liverpool, una squadra che – da quando esiste la Premier League – è ancora in crisi d’identità. Quello di Rodgers è stato l’ultimo tentativo di far rivivere un passato glorioso ad Anfield.

C’è chi come Barney Ronay, provando ad analizzare le cause di questo fallimento, scrive: «Fin dall’inizio ci sono stati eccessi di “Shankly-tismi”, la tendenza cioè a un eccesso d’intellettualizzazione di sistemi e tattiche». A questo proposito il tecnico non nega il lato intellettuale del gioco, ma vi si crogiola e spesso non si tratta di un’applicazione pratica di una teoria ma un amore per la teoria stessa.


Questo “eccesso d’intellettualizzazione” ha avuto riflessi anche nella gestione dei giocatori, Rodgers infatti aveva una filosofia ben precisa nota come C.O.R.E – Commitment, Organisation, Responsability, Excellence [Impegno, Organizzazione, Responsabilità, Eccellenza] che ha trovato in Luis Suarez uno degli allievi più ricettivi, mentre con Balotelli non è riuscita a dare i suoi frutti. Per Duhram «è stato questo tentativo a distruggere Rodgers. Aveva bisogno di tutti questi elementi che però poco c’entravano con il calcio, era diventato un management consultant più che un manager, un assistente sociale ma non un allenatore.»

Jamie Carragher, storica bandiera del Liverpool ed ora commentatore per Sky, lo scorso marzo scrisse un pezzo profetico circa i timori di un possibile esonero di Rodgers: “Quando un regime a Liverpool inizia a sfaldarsi finirà in un solo modo. I cattivi risultati diventano come una valanga e la delusione è impossibile da gestire. Ho visto che la prima volta è successo con Roy Evans, la storia si è ripetuta con Houllier e poi con Benitez. Non è accaduto molto spesso che il Liverpool lottasse per la Premier, è successo nel 1997, poi nel 2002 e di nuovo nel 2009. La delusione resta e la consapevolezza che non si ci possa ripetere altera l’atmosfera ed è difficile rompere quel ciclo. Sono preoccupato per il mio vecchio club e per Rodgers […] Liverpool non è un club come gli altri, quando il clima cambia poi lo sconforto stringe forte.»

I timori di Carragher erano fondati: commentando l’esonero di Rodgers, ha duramente contestato la tempistica scelta dalla società: «Non mi piace il fatto che il Liverpool si sia sbarazzato di Rodgers dopo appena otto partite, dopo una stagione deludente e tutti soldi doveva essere esonerato quest’estate non nel corso della stagione».

Non solo la tempistica ma anche la modalità, Rodgers è stato esonerato per telefono. Secondo più fonti una volta tornato al centro di Melwood, dopo il pareggio nel derby con l’Everton, ha parlato come sempre con i proprietari, pare però che la decisione di esonerarlo fosse stata presa la settimana scorsa. Era comunque nell’aria nonostante nel post-partita Rodgers abbia ammesso di aver alcun timore: «C’è invece una pressione a vendere i giornali e creare storie, io lo capisco e lo rispetto. Il mio lavoro è preoccuparmi della squadra ed è l’unica pressione che sento». 

L’ex tecnico del Liverpool continuava a chiedere tempo alla società che in estate aveva ri-confermato la totale fiducia al tecnico. Spesso parlava di una fase di transizione di cui si è visto l’inizio ma non s’intravedeva la fine necessaria per integrare i nuovi acquisti. Harry Rednkapp ritiene che Rodgers sia vittima del calcio moderno con tutti i suoi eccessi ma è nel calcio moderno che si abusa della parola “transizione”, una maledizione usata come pretesto. Quando un club è insoddisfacente è perché è in fase di transizione. «La scusa di Rodgers – chiosa Wilson – qualunque validità possa avere, suona sempre e comunque stanca, ad Anfield c’era aria di rassegnazione».

È per spezzare questa spirale depressiva che a Liverpool arriverà Jurgen Klopp, l’uomo giusto per alzare il volume di Anfield. C’è stato grande entusiasmo tra tifosi e commentatori non appena è stata diffusa la notizia del possibile (ora certo) arrivo di Klopp nel Merseyside, in Germania quelli come lui vengono chiamati Menschenfänger, cioè letteralmente coloro in grado di “rapire” le persone, parlarle e indurle a fare cose che loro stessi non sentivano possibili. Sulla stampa inglese si susseguono le testimonianze di ex giocatori del Borussia che raccontano la loro esperienza con l’allenatore di Stoccarda, in particolare Nuri Sahin ex Liverpool ed attuale giocatore del Borussia Dortmund: «Avrei attraversato i muri per lui».

Molti osservatori sono incuriositi dalle possibili schermaglie dialettiche con Mourinho ma sarà interessante il confronto con Wenger; per Klopp al tecnico dell’Arsenal «piace avere la palla, giocarci e passarla. È come un’orchestra ma è una canzone silenziosa. A me piace l’heavy metal».

La proprietà aveva pensato a Klopp già nel 2012 per il dopo-Dalglish, l’ex tecnico del Borussia era su una lista di 12 nomi insieme con Martinez, Villas-Boas ed altri. Klopp però rifiutò e le ragioni non sono tuttora chiare: c’è chi sostiene che all’epoca non avrebbe preso in considerazione un trasferimento in Inghilterra e chi invece racconta che un dirigente del Liverpool sondò Klopp per la panchina ma il tecnico respinse la richiesta pensando che si trattasse di uno scherzo.

Il compito non sarà facile, molto probabilmente gli americani ritengono che Klopp possa riuscire laddove Rodgers ha fallito, ovvero acquistare e far crescere giovani giocatori (transfer committee permettendo) così come fatto a Dortmund. 

Il Fenway Sport Group è impegnato in un piano a lungo termine volto a riportare il Liverpool nell’olimpo del calcio europeo, non credevano più che Rodgers potesse raggiungere quest’obiettivo ed hanno così optato per Klopp.

L’ex tecnico del Borussia non ha la bacchetta magica, ma il Mail indica tre priorità:

1) Trattenere Coutinho. Una tendenza che si è sviluppata a Liverpool negli ultimi anni è quella di perdere i loro migliori talenti. Dal 2009, Xabi Alonso, Mascherano, Torres, Suarez e Sterling. Come ha detto recentemente Neville: «È facile lasciare Liverpool».

2) Rinforzare la difesa. Il Liverpool ha giocato con due-tre difensori centrali nelle ultime due stagioni, non c’è stato mai il pericolo di stabilire il record di clean sheets. Sono fragili, ingenui e manca qualcuno che li guidi, un leader, come lo erano Reina, Hyypiä e Carragher. Fino a gennaio potrà contare su Skrtel e Sakho, ma poi si dovrà intervenire sul mercato.

3) Ripristinare la fiducia: l’apatia è il termine migliore per descrivere l’atmosfera ad Anfield negli ultimi dodici mesi. Klopp ha il potenziale per essere rapidamente divinizzato dalla Kop – c’è qualcosa nel suo curriculum che ha echi con l’arrivo di Benitez da Valencia – e se riuscirà a far giocare la squadra con verve e stile, si garantirà il sostegno dei tifosi.

Sarà Klopp, la prossima icona di Anfield
Alfonso Noël Angrisani

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