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Perché la strada per la rinascita di Bagnoli è ancora mooooolto lunga (a proposito dello stato di Napoli)

Perché la strada per la rinascita di Bagnoli è ancora mooooolto lunga (a proposito dello stato di Napoli)

Riproponiamo l’articolo di Emanuele Imperiali, pubblicato ieri dal Corriere del Mezzogiorno, intitolato “Ecco perché Bagnoli continua a restare impantanata”. Una incursione nell’altra città, quella che non vive di pallone e di cui l’altra sera il presidente Aurelio De Laurentiis in un modo che a tanti tifosi è parso irrispettoso. Il link originale è questo. E ricordiamo che stiamo parlando di un progetto ormai ventennale.
 
L’ennesima fumata nera? La nomina del commissario per Bagnoli da parte di Matteo Renzi era attesa per oggi. Il decreto, predisposto dal sottosegretario Claudio De Vincenti, è sul tavolo del premier. Ma a palazzo Chigi fanno filtrare che è questione di giorni, nessun intoppo né politico né di altra natura sul candidato Salvo Nastasi, si tratta solo di completare un iter burocratico niente affatto semplice. Ma sono mesi che si attende l’ufficializzazione di una scelta che ancora ieri, primo settembre, tardava ad arrivare. La verità è che Bagnoli è materia che scotta. E chiunque l’ha toccata si è bruciato, per cui il Presidente del Consiglio procede con i piedi di piombo. Intanto si continua a perdere altro tempo prezioso, dopo anni di ritardi, polemiche, inchieste giudiziarie. Senza commissario non può decollare nulla. A partire dalla cabina di regia, che sarà presieduta da De Vincenti, della quale faranno parte i ministeri dell’Ambiente, dell’Economia, delle Infrastrutture, e, naturalmente, Comune di Napoli e Regione Campania.

La governance

La governance del nuovo piano Bagnoli è articolata: il commissario, la cabina di regia – in questa sede si assumeranno tutte le decisioni strategiche in merito a che fare – poi, accanto a essi, il soggetto attuatore, già individuato in Invitalia. La società pubblica controllata dal Tesoro, al cui vertice c’è Domenico Arcuri, dovrà prima progettare e poi realizzare ciò che sarà deciso a livello politico. Naturalmente, soprattutto per la progettazione, lavorerà a stretto contatto col Comune, che ha le competenze urbanistiche sull’area occidentale. La scelta del Governo, attraverso una norma di legge, è caduta su Invitalia perché ha un know how in materia: già opera in altre aree di crisi – è soggetto attuatore nella riconversione dell’ex polo siderurgico di Piombino – può attivare agevolmente strumenti quali il Contratto di Sviluppo per attrarre nuovi investitori e gli incentivi all’innovazione per nuove imprese tecnologicamente avanzate. E anche per quanto riguarda il completamento della bonifica, che a Bagnoli è ferma al 75% del totale dei suoli, la società del Tesoro ha numerose esperienze.

Le competenze

Fino a poco tempo fa, infatti, una sua controllata si occupava specificamente di bonificare i suoli, poi, col riordino di Invitalia, le competenze sono passate direttamente alla capogruppo. In ogni caso, ai primi di luglio, aveva effettuato 223 interventi di tal natura in sei regioni, il più noto è quello a Manfredonia in Puglia. Con la scelta del commissario, che, stando alle fonti di palazzo Chigi, dovrebbe essere questione di giorni, e con l’individuazione, già formalizzata, del soggetto attuatore, il piano per Bagnoli finalmente potrebbe partire. Ma il condizionale è d’obbligo, perché sulla strada restano numerosi macigni, difficili da rimuovere e che faranno trascorrere inevitabilmente altro tempo prezioso. Il primo è il rapporto con la curatela fallimentare che ha nelle mani i suoli a tutela dei creditori: è vero che il maggiore di essi è Fintecna, anch’essa società controllata dal Tesoro, ma poi ci sono le banche e i minori. Per tacitarli almeno un centinaio di milioni andranno spesi. Una volta liberati i terreni, c’è da affrontare il nodo giudiziario, in quanto le aree sono sottoposte a sequestro da parte della magistratura e dovranno essere sbloccate per poter cominciare a operare. Infine, terzo ostacolo ma forse il più rilevante, la questione dei soldi: chi investe le cifre necessarie a partire? In ambienti governativi si fa capire che sarà redatto un piano finanziario, che preveda anche i tempi di un rientro economico da parte di possibili investitori. Chi? In pole position Cassa Depositi e Prestiti. Comunque la si rivolti, la patata bollente è soprattutto nelle mani del ministero dell’Economia, che è azionista anche di Cdp, e non a caso sta nella cabina di regia. Insomma, inutile illudersi, anche dopo la nomina del commissario, per vedere qualcosa di concreto a Bagnoli bisognerà attendere chissà quanti anni.
Emanuele Imperiali

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