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Quando Seedorf disse (era il 2005): «Basta con lo strapotere dei procuratori, i calciatori devono svegliarsi»

Quando Seedorf disse (era il 2005): «Basta con lo strapotere dei procuratori, i calciatori devono svegliarsi»

(Dopo le dichiarazioni dell’agente di Gabbiadini e le conseguenti reazioni, riproponiamo un articolo del Corriere della sera di dieci anni fa sullo sfogo di Clarence Seedorf che fece molto discutere). 

Ci sono agenti buoni e agenti cattivi. Alcuni pensano che i calciatori lavorino per loro. Dovrebbe essere il contrario la Denuncia «Stop allo strapotere dei procuratori, i calciatori devono assumersi le proprie responsabilità». Clarence Seedorf è un ragazzo che parla come gioca, cioè mai banale, e stavolta è riuscito a mettere alla sbarra due categorie professionali in un’ intervista sola. Nella prima categoria stanno i procuratori, quei signori che, si dice, contribuirebbe a fare gli interessi dei giocatori. Clarence, come molti, non ne è più così convinto: «Ci sono agenti buoni e agenti cattivi. Alcuni, in particolare, pensano che i calciatori lavorino per loro. In realtà dovrebbe essere il contrario». Seedorf, che deve aver raggiunto l’ illuminazione dopo essere diventato manager di un team motociclistico e che ammette comunque di essere un privilegiato («Io ho avuto fortuna perché sono stato assistito da mio padre e dalla mia famiglia. So, però, che il 90% dei giocatori non ha un avvocato tra i parenti»), ha forse in mente quel personaggio un po’ cialtrone perfettamente raffigurato anni fa da Claudio Bisio in Mai dire gol. Per procurare procurava, ma che cosa? Soldi per sé nel migliore dei casi, falsi contratti e bufale mondiali nel peggiore. Naturalmente non è una novità, e il cosiddetto «procuratorismo» – patologia che porta ad averne uno anche giocatori di C2 o non professionisti – è un male che molti procuratori della prima ora denunciano da tempo. Il problema però, ed è qui che Clarence allarga la sua analisi, è capirlo e reagire, soprattutto se si è giovani e più esposti all’ abbraccio perverso degli approfittatori: «Anch’ io ho sbagliato in qualche occasione. All’ inizio della carriera non si presta attenzione a certe cose. Invece, bisognerebbe essere attenti sin dall’ inizio». Altrimenti si finisce come il centrocampista sudafricano del Manchester United, Quinton Fortune, citato in giudizio dall’ ex procuratore che, in base a un vecchio contratto, reclama il 20 per cento dei suoi ingaggi. Secondo Seedorf, che del professionismo fa una bandiera («Non ho mai baciato la maglia: un gesto simile se lo possono permettere solo Paolo Maldini o Fernando Hierro»), il modello da seguire è quello professionistico Usa: «Lì i giocatori sono pienamente responsabilizzati: devono essere puntuali agli allenamenti, mantenersi in forma durante le vacanze e dare sempre il meglio di sé». Il punto decisivo tuttavia – e qui c’ è un monito che i suoi colleghi farebbero bene a segnarsi sull’ agenda (naturalmente dopo averla chiesta al procuratore) – è uno solo: «I primi a muoversi devono essere i calciatori: assumersi maggiori responsabilità significa anche controllare tutti gli aspetti della carriera, anche quelli finanziari». Candidandosi forse come successore di Sergio Campana nel sindacato calciatori, Seedorf grida forte e chiaro: calciatori svegliatevi, fate autocoscienza e imparate a gestirvi la vostra vita da soli. Perché un contratto, come una bolletta, si può firmare anche senza aiutini. E perché, ammesso che nel nostro calcio si possa usare davvero la parola sfruttamento, come sapevano bene Hegel e Marx, due di quegli attaccanti veri di una volta, non esiste sfruttatore se non c’ è chi si fa sfruttare. (Alessandro Pasini)

 

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