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Napoli, un progetto da ripensare

Napoli, un progetto da ripensare

La notte di Wolfsburg è stata una maledetta illusione così come, in campionato, la vittoria sulla Roma (e quel gol a volo di farfalla di Higuain). Un Napoli grande a tratti con lunghe pause grigie. Una squadra da 95 gol che ne fa appena uno al Dnipro con David Lopez, tutti i cannonieri all’asciutto contro gli ucraini.

Si può ancora recriminare sugli arbitraggi, sui due gol irregolari di Seleznyov, quello all’andata in netto fuorigioco, al ritorno abbracciato a Britos. Ma bisogna essere crudelmente realisti. Senza farsi confondere dalle “cifre” che, nel calcio, contano relativamente. Smettendo di sognare la squadra che tira di più, che fa più gol, che quando ingrana dà spettacolo, che contro il Dnipro ha concluso 25 volte (quindici al San Paolo) però eliminata dagli ucraini, meno sognatori e più concreti.

Gli errori arbitrali ci sono stati, ma non parliamo di complotti (Platini) per far vincere le squadre spagnole e non parliamo di conflitti di interessi (Collina con i suoi agganci in Ucraina). Il Napoli ha meritato di uscire in semifinale dall’Europa League perché ha giocato due mediocrissime semifinali contro un avversario che ci ha messo solo più ordine, più compattezza, più orgoglio per un traguardo storico.

Crudelmente realisti. La filosofia di Benitez, teso a creare un Napoli europeo (però fallito a Bilbao e a Kiev), è che si vince col gioco. Ma devi averli i giocatori per questa filosofia, come li ha il Barcellona. In questo Benitez è stato testardo. Poteva il Napoli avere gioco con un centrocampo molto limitato e non solo sul piano tecnico? Poteva averlo con l’altalena dell’impiego di Hamsik, l’unico fuoriclasse capace di illuminare la scena? Poteva avere un gioco il Napoli nella rotazione continua della “rosa”? L’alibi dei tre fronti su cui combattere è debole, così la lunghezza della stagione e il numero di partite. Le grandi squadre hanno una formazione-base appena ritoccata in certe evenienze. Abbiamo creduto a una “rosa” di tutti titolari. Abbiamo preso un abbaglio.

Non potendo avere la sua squadra sognata, Benitez doveva trovare risorse diverse (tattiche) per rendere il Napoli meno vulnerabile e vago. Dopo i due anni napoletani, Benitez gran maestro di calcio è mancato clamorosamente nel non saper dare al Napoli grinta, carattere, combattività, orgoglio, compattezza, coraggio, passione.

Il gioco del Napoli è stato una illusione, specie nel primo anno. Può darsi che gli infortuni e altri accidenti lo abbiano opacizzato nella seconda stagione. Ma, allora, bisognava dare alla squadra una personalità non fasulla (il gioco-spettacolo che s’è visto poche volte), ma la personalità della squadra capace di supplire col temperamento alla vaghezza tecnica, entrando in campo con gli occhi della tigre, lottando vigorosamente senza gingillarsi col giro palla stucchevole, raramente diretto a scardinare le difese avversarie.

Benitez non ha il pugno duro? Non ha la capacità di lanciare in campo un Napoli determinato e irriducibile? Può darsi, visto tante volte un Napoli in attesa, arrendevole, timoroso e inconcludente. Il Dnipro, e non solo la squadra ucraina, tecnicamente inferiore, ha dato lezione al Napoli su come ribaltare le differenze di qualità. Recentemente Empoli e Parma avevano giocato come gli ucraini, con grande ardore, sollecitati all’impresa di battere un Napoli superiore.

Il Napoli non ha mai avuto questo ardore ed è finita anche la leggenda che sia “grande” con gli avversari di grido e “debole” contro le squadre inferiori. Il Napoli, dalle “grandi” alle “piccole”, è mancato sempre nell’affrontare le partite col piglio della squadra forte non avendo la forza agonistica per farlo e vagheggiando una superiorità tecnica poche volte affermata.

Benitez ha sognato una squadra al di là dei limiti chiarissimi dei giocatori. Fiducia? Presunzione? Gli resta l’inseguimento a un posto-Champions in campionato per non chiudere a secco l’intera stagione.

E’ evidente che il Napoli ha bisogno di una guida determinata, più forte, meno professorale e più grintosa. E’ necessaria una scossa, quella che è sempre mancata con Benitez, appena accennata dal diktat presidenziale del ritiro.

Hanno tradito anche i giocatori. Higuain, senza attenuanti. Guerriero per poco tempo, ha abbassato la testa continuamente fallendo gli appuntamenti importanti. Contro il Dnipro, almeno una o due delle sue sei palle-gol dovevano bucare la porta di Boyko. A Kiev poteva portare in vantaggio il Napoli nel primo tempo. Avrebbe così coperto i limiti della squadra. Si è invece arreso alle occasioni mancate e non è stato il trascinatore che Benitez sperava che fosse. Abbiamo vissuto tutti di speranze, poi tradite.

Una analisi crudelmente realistica (crudele perché Benitez qualcosa ha fatto) è necessaria per programmare il futuro. Può darsi che la delusione in Europa League porti alla fine dell’avventura azzurra del tecnico spagnolo, peraltro con un futuro incerto di investimenti e di giocatori difficili da prendere secondo la sua filosofia.

Il Napoli “europeo” di Benitez, di belle giocate e vai, è stato un sogno, un bel sogno realizzato in alcune occasioni. Ora ci vuole un Napoli solido e grintoso, meno spettacolare e più concreto. E con giocatori che finiscano le partite stremati dopo avere dato tutto. Chi è venuto a svernare a Napoli, nella nostalgia di glorie perdute e mai edificate in maglia azzurra, è meglio che lasci. Il progetto va ripensato. Il Napoli ha bisogno di essere squadra vera, non una formazione di globe-trotters e di inarrivabili sogni.

De Laurentiis ha il compito di vederci chiaro. Non è uomo di sentimenti e saprà tagliare e cambiare dove è necessario. Benitez lasci il regalo di un posto-Champions e, dopo, dovrà essere giocoforza un’altra storia.
Mimmo Carratelli

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