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Non si vince? È un fallimento. Non si va in Champions? È un fallimento. Il Napoli e l’ansia di drammatizzare

Non si vince? È un fallimento. Non si va in Champions? È un fallimento. Il Napoli e l’ansia di drammatizzare

Il risultato del derby della capitale ci consente di coltivare una qualche speranza di raggiungere il terzo posto.

La partita clou si avvicina e così anche la febbre della passione; un dato positivo in una città che è molto affezionata alla sua squadra.

Meno positivi e meno costruttivi sono i toni drammatici da ultima spiaggia: se perdiamo sarà un vero fallimento, senza i soldi della Champions il progetto di crescita del Napoli andrà in crisi, etc.etc.

Colpa di Benitez, colpa di De Laurentiis, colpa dei calciatori che non danno l’anima in campo, colpa dell’ambiente? Ma colpa per cosa? Perché’ ci sia una colpa deve esserci anche un danno. Ma il danno c’è?

Per cercare le ragioni di un’analisi meno emotiva e più seria, ho provato a fare qualche piccolo esercizio statistico

La fase storica più vincente del Napoli è legata all’atterraggio del Marziano al San Paolo. Con il suo contributo ultraterreno, in una città più ricca e più potente di oggi, in un calcio meno dipendente dai soldi di oggi, la squadra ha collezionato in sette anni: due scudetti, due secondi posti, un terzo posto e due ottavi posti (cinque qualificazioni europee); in coppa Italia una vittoria e due semifinali; una supercoppa italiana; in Europa una vittoria e altre quattro partecipazioni con esclusioni molto precoci.

Venendo al presente, dal 2008/2009 al 2013/2014 (sei anni), il Napoli ha ottenuto: un secondo posto, due terzi posti, un quinto, un sesto e un dodicesimo posto; in coppa Italia una vittoria e una semifinale; in Europa quattro partecipazioni con esclusioni precoci. A questi bisogna aggiungere il 2014/2015, con una supercoppa italiana, una semifinale in Coppa Italia, una semifinale in  Europa, un terzo / quarto posto (sei qualificazioni europee).

Vero è che, a differenza dell’epopea maradoniana, non c’è stata nessuna vittoria in campionato, né alcun trofeo internazionale. È altrettanto vero e indiscutibile che il Napoli si sia stabilmente posizionato allo stesso livello della sua epoca più splendida, e senza che scendesse in campo quel numero 10 venuto da Marte che non si  è mai più manifestato sulla terra (e che forse mai più si manifesterà).

C’è da essere insoddisfatti? Certamente si, se si vede il bicchiere mezzo vuoto o se si aspira sempre a vincere e a migliorare.

Sono i numeri di un fallimento? Oggettivamente no!

Eppure, le lamentazioni e le recriminazioni montano, sopite solo dall’attesa di domenica, magari inconsciamente sperando in una sconfitta così da poter esplodere nella veemenza del loro tafazzismo.

L’altro tema che tiene banco è l’incredibile danno economico che verrebbe dalla mancata partecipazione alla Champions League.

Intendiamoci, la differenza di fatturato c’è eccome.

Ma se la Champions è determinante tanto da non poterne fare a meno, come mai non abbiamo assistito a suicidi di massa dei tifosi di Inter e Milan (due tra i club più blasonati del mondo)? Come ha fatto il Napoli di De Laurentiis, finora, a crescere quando non c’era?

E come mai il Chelsea che nel 2011/2012 è arrivato sesto, l’anno dopo ha vinto l’Europa league? O, ancora, con quale magia il Liverpool, settimo nel 2012/2013, ha sfiorato lo scudetto l’anno dopo? Ma poi, come ha fatto il Borussia Dortmund a vincere lo scudetto nel 2010/2011 senza introiti Champions? E per quale scherzo della sorte Olimpique de Marseille  e Olimpique Lyonnais sono arrivate seconda e terza nel 2012/2013, anche loro senza Champions?

Anche qui, è evidente che i ricavi Champions sono preziosi, ma c’è davvero da fare un dramma o da evocare fallimenti se non arrivano?

Pare di si, soprattutto a leggere ed ascoltare certa stampa che, forse consapevole delle proprie fragilità, trova alimento solo dalla polemica e dalla drammatizzazione o che, forse bisognosa di auto-affermazione, riesce a sentirsi migliore denigrando gli altri; e più sono importanti i denigrati, più si sentono importanti i denigratori.

Meno male che abbiamo gli anticorpi.

Se avremo imparato a guardare il calcio con più presenza di spirito e maggiore serenità di giudizio, più testa e meno pancia, Benitez, allenatore non esente da limiti ma pur sempre uno dei più grandi uomini di calcio che abbia vestito la casacca del Napoli, avrà lasciato un’eredità feconda. Altrimenti sarà solo nostalgia.
Raffaele Fiume (www.raffaelefiume.it)

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