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Lo scarso potere mediatico del Napoli: diviso in casa, spesso sotto accusa nel resto d’Italia

Non saranno molti i tifosi del Napoli domenica. La squadra simpatia non esiste più da molto tempo. “Se lo scudetto non lo vinciamo noi, vorrei che lo vincesse sempre il Napoli”, così diceva l’avvocato Agnelli. Ma erano gli anni ’80 e non a caso il Napoli non ne aveva vinto ancora uno. Quando invece il Napoli si avvicina al vertice del calcio italiano, scatta un meccanismo di difesa e di reazione dell’intero sistema. Niente vittimismo, sono tutte cose lecite, legate a un nucleo di interessi legittimi ma opposti a quelli del Napoli.

Prendiamo le televisioni. Tra Napoli e Lazio, Sky sa benissimo da quale parte stare. Avendo perso i diritti della Champions per le stagioni dal 2015 al 2018, l’emittente di Murdoch ha dovuto ripiegare su quelli di Europa League. Ma le tre squadre che hanno maggior seguito in Italia e che garantiscono perciò più contratti sono fuori dall’Europa League: la Juve (in Champions), l’Inter e il Milan (a casa). Sono loro a garantire il 75% degli abbonati. Un altro 20% è garantito da Roma e Napoli, l’altro 5% è messo insieme dal resto delle squadre. Ma la Roma farà la Champions (su Mediaset), perdere anche il Napoli sarebbe un colpo durissimo. Sky tifa Lazio dunque. Cosa peraltro evidente anche dal tenore di certe telecronache e dalla severità di giudizio degli opinionisti, Sconcerti escluso.

La Rai non è molto più vicina al Napoli. Non lo è per un roma-centrismo da cui non ha saputo affrancarsi, la Lazio è una delle squadre che sta nel cuore a molti dei funzionari, ai dirigenti, ai capistruttura, ai giornalisti, come abbiamo sperimentato anche nelle partite di Coppa Italia di quest’anno. Stessa cosa nelle redazioni dei giornali. Quelli con sede a Roma non devono porsi neppure il problema e sanno bene da che parte stare. Quelli con sede a Milano non hanno mai perso l’occasione di sollevare polveroni su Benitez, De Laurentiis e la squadra, a fronte di un ottimismo che fa sorridere usato per le squadre locali, per la prima volta insieme fuori dalla Coppe, entrambe con qualche ombra sulle vicende economiche, ma accreditate un giorno di prendere di Lavezzi, un altro Dzeko, un altro Yaya Touré oppure Ibrahimovic e Ancelotti in panchina. 

Tenere il Napoli fuori dalla Champions significa tenerlo fuori dai giochi per qualche anno. I conti di De Laurentiis sono legati per il 65% ai diritti tv. Non ci sono ricavi strutturali, cioè ricavi fissi che non siano legati all’andamento dei risultati del campo. Non siamo il Manchester United, che può permettersi di fallire le Coppe senza rinunciare ai suoi campioni. Se il Napoli manca un traguardo in campo, ne risente la sua economia, e ovviamente il circolo diventa poi vizioso. Tenere il Napoli fuori dai giochi per qualche anno significa avere più opportunità per le squadre di Milano di rimettersi in piedi, di tornare competitive, cosa che potrebbe essere aiutata anche dall’allentamento dei freni sul fair play finanziario Uefa promesso da Platini.

Da quest’altra parte ci siamo noi, troppo spesso con le nostre divisioni, con radio e tv locali che non hanno mai soffiato dentro le vele delle squadra ma contro. Le forze di Napoli non hanno mai saputo fare sistema. È un regalo che offriamo al resto d’Italia. Sarebbe bene rifletterci.
Mario Caruso

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