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Il Napoli di Benitez gioca a calcio come non vedevamo dai tempi di Vinicio. Solo gli addetti ai lavori non se ne accorgono

Il Napoli di Benitez gioca a calcio come non vedevamo dai tempi di Vinicio. Solo gli addetti ai lavori non se ne accorgono

Sei gol fatti, tutti da cineteca, tre subiti, dei quali uno in chiarissimo fuorigioco: il Napoli viene accolto nel Club Europa con gli onori riservati alle grandi squadre in grazia di un gioco, arioso, manovrato e spettacolare. I commenti, soprattutto oltre confine, sono più che lusinghieri e gli ultimi, quelli del tecnico del Wolfsburg Dieter Hecking che ha fatto esplicito riferimento alla qualità superiore del gioco degli azzurri. In stridente contrasto con la qualità mediocre, per non dire pessima, delle strutture del San Paolo. Benitez, insomma, ha vinto anche questa seconda battaglia visto che da sempre si batte, senza ottenere risposta, per un business plan all’altezza delle aspettative tecniche della squadra.

6-3 e palla al centro. Non è male, soprattutto se si aggiunge che l’impresa degli azzurri di Benitez consente al calcio italiano di riprendere quota dopo lo spettacolo non certo esaltante offerto dalla Juventus in Coppa dei Campioni. Che di gol ne ha fatto solo uno, per giunta propiziato da un calcio di rigore contestatissimo, e si è salvata offrendo un calcio votato alla difesa più che all’attacco. Lungi da noi la pretesa di fare paragoni, quella è la Champions la nostra è una competizione più ruspante, ma sempre Europa è ed un conto è entrarci tra gli applausi un altro è passare dalla porta di servizio. Non pensate male del cronista che per una volta si è lasciato andare, ho sputato finalmente il rospo che mi tenevo dentro ed anche di questo devo ringraziare Rafa perché a lui si deve se il Napoli, nel male ma molto più spesso nel bene, pratica il calcio che piace a chi compra il biglietto e rifiuta per scelta tecnica il gioco che punta al risultato da ottenere a qualsiasi costo e, soprattutto, con una rinuncia allo spettacolo.

Grazie Benitez, dunque, e vorrei che gli addetti ai lavori lo riconoscessero senza infingimenti, mentre, al contrario, mostrano di essere parlando tra i denti per tema di farsi ascoltare. Il succo dei discorsi da bar che si ascoltano saltando da un media ad un altro è appunto questo: vabbè, Benitez è bravo, ma è lui che se ne vuole andare. Non è così, l’offensiva è partita, e continua a svilupparsi, all’interno del circuito locale che considera Benitez un cattivo interprete della napoletanità calcistica. Che non si sa bene cosa sia e come e quando si sia espressa, visto che a mia memoria il calcio più bello prima di quello offerto dalla squadra di Benitez lo aveva espresso solo il Napoli di Vinicio che fece gridare al miracolo con Sergio Clerici e Braglia a mitraglia. Chi non è d’accordo, alzi la mano, ma, giurateci, non si vedranno indici sollevati. E qui mettiamo punto perché questa storia ha stufato perfino i non-rafaeliti che ora mostrano un minimo di pentimento e si augurano che il tecnico spagnolo ritorni sulla decisione – secondo loro già presa e definitiva – di tornare a Liverpool. Che, a guardare bene, è un espediente più sofisticato per non interrompere il tormentone, ma di riprenderlo da un altro versante puntando sempre allo stesso obiettivo. Benitez, però, continua a fare spallucce e tira diritto per la sua strada. Che è quella che porta all’aggancio della Champions via campionato (secondo o terzo posto) e alla conquista della Europa League. È una doppietta – un duplete, si può dire? – molto difficile, ma possibile anche se Benitez sa che nessuno regalerà niente al Napoli: deve farcela con le sue forze. Sin pausa.    
Carlo Franco

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