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Lo confesso, sono andato sulle bacheche dei mazzarriani

Lo confesso, sono andato sulle bacheche dei mazzarriani

Il bar della stazione di Venezia Santa Lucia, stamattina, aveva la serranda alzata per metà. Ma che state a lutto, uagliù? Capisco la solidarietà veneta per i napoletani, ma non esageriamo. Aprite che non posso salire sul treno senza prima aver mangiato il cornetto. Cornetto senza nome, si capisce. Come prima cosa, oggi, avrei voluto pure io andare a Castelvolturno, a parlare coi ragazzi, prima di andare al lavoro, ma poi, vista la distanza, ho desistito; sarei arrivato con la furnacella di Britos già spenta, e figuriamoci, nessuno mi avrebbe lasciato un pezzetto di filetto, ‘na purpetta. Meglio così, come polpetta può bastare quella di Glick, l’uomo che non fa altro che segnare di testa su calcio d’angolo, solo i nostri difensori non erano stati informati.

Ho preso il vaporetto alle 5 e 50, come al solito. Siccome conosco bene i mazzarriani di ritorno, me li sono andati a leggere: bacheca per bacheca, masso per masso, vafancul’ per vafancul’. Al Napolista saremo pure rafaeliti (e a ragion veduta), ma chist’ so’ sciem’, con tutto il rispetto per Mazzarri. La più bella che ho letto suonava più o meno così: «Quando c’era Mazzarri e il Napoli subiva un gol, la squadra si scatenava e vinceva le partite, adesso non succede. L’allenatore fa la differenza». Ragazzi, ma stiamo scherzando? Cioè, davvero si intende sostenere la tesi che con Benitez non si rimontano – mai – le partite? E che altro si vuol sostenere, di grazia? Chiedo agli statistici di fornire un breve supporto alla mia memoria.

Non tutti i mali vengono per nuocere. Il ritardo del bar fa sì che io non abbia tempo di comprare La Gazzetta, con oggi siamo alla quinta settimana di non Gazzetta, mi sento benissimo. Malfitano esiste, ormai, nei miei ricordi, soltanto con la A davanti, trasformato in Amalfitano, il meraviglioso professore creato da Roberto Bolaño, uno dei più interessanti e controversi protagonisti della letteratura contemporanea. A Malfitano ce piacesse.

Dico due parole sul Torino, no non parlerò di Quagliarella, con lui ci chiariremo un giorno davanti a una pizza fritta. Volevo parlare del famoso cuore granata e di qualche similitudine tra l’essere tifoso del Torino e esserlo del Napoli. La costanza e l’attaccamento alla squadra ci accomunano, anche se noi napoletani, ogni tanto, ci dimentichiamo da dove veniamo, e facciamo venire meno il nostro supporto. Al Toro ricordano la propria storia, sostengono sempre la squadra, e portano addosso quella cosa che è più di un’abitudine, il sapere esattamente che sarà dura, sempre, che spesso si perderà. È un po’ come abituarsi alla nebbia, quando ti abitui non ti cambia molto né l’umore né la giornata. Il Torino come il Napoli si identifica con la città. Il Torino è la squadra della città, molto più della Juventus, senza offesa, so di non dire un’eresia. Nell’articolo sulla partita d’andata ho reso omaggio al Grande Torino. Oggi voglio ricordare un giocatore granata che è diventato un mito, forse, suo malgrado: Gigi Meroni. Un calciatore fuori dagli schemi e personaggio molto particolare, quando penso al calcio com’era, al calcio che è un po’ letteratura penso a lui, penso a gente come Ezio Vendrame del Vicenza, e a pochi altri. Tutto questo per dire che chi tifa Torino mi ha sempre fatto simpatia, mi pare che non sempre accada il contrario, ma non importa. Tutto questo ricamare sul Torino non rende meno sopportabile la sconfitta, perdere come si è perso ieri fa parecchio male.

Mentre il Napoli giocava, al cinema, guardavo Vizio di forma, di P.T. Anderson, film molto bello, e appena dopo i titoli di coda, quando ho scoperto il risultato del Napoli, mi sono chiesto quale sia il vizio di forma della nostra squadra. Quale sia il difetto congenito, la postilla nel contratto di nascita, l’errore d’impostazione originario, che fa sì che il Napoli abbia in dotazione, nel kit, quest’altalena primordiale, che porta gli azzurri a prodursi in uno stancante e sofferente (per noi) sali e scendi. Il pezzo è quasi finito, mi rendo conto di non aver praticamente nominato i calciatori del Napoli, si vede che così doveva essere. Invece di pensare per chi tifare stasera, tanto è uguale, mettiamoci il cappotto e copriamoci le spalle, la Lazio non è così lontana.

Note a margine:

–  Mi ha telefonato Behrami, non ho risposto

–  Ho chiamato Zuniga, non era raggiungibile

–  Ho telefonato, in tandem, a Koulibaly e Albiol e li ho mandati affanculo.
Gianni Montieri

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