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Napoli, sette mesi di saliscendi: e ora un angosciante echilibrio tra l’urlo del trionfo e il tonfo della caduta

Napoli, sette mesi di saliscendi: e ora un angosciante echilibrio tra l’urlo del trionfo e il tonfo della caduta
Equilibrio. O echilibrio.
Un lungo filo appeso nella nebbia apparentemente sul nulla e la mia figura che si affanna a percorrerlo. È un filo sottile e tremante ed ogni passo trascinato è un’impresa, mentre dall’abisso provengono mescolati ghigni, voci, urla e latrati sempre più assordanti. Ho il terrore di abbassare lo sguardo e di perdere l’equilibrio e il cammino compiuto in un attimo; non è il momento per cadere. Ci sono ancora 2 mesi di speranza da cavalcare. 
In questi lunghissimi giorni ho teso l’orecchio e ho ascoltato ogni sibilo e, oggi più che mai, folate di domande si aggiungono alle altre e vengono incontro confondendomi e sbilanciandomi e che agognerebbero la mia resa. 
L’allenatore andrà via? Chi sarà il prossimo? Chi resterà? Chi prenderà altre strade? Quali saranno i colpi? E ancora: Cosa siamo diventati? Dove arriveremo? Ci saremo per il secondo posto? E le coppe? Ci saranno rimpianti? Sarà gloria? Sarà fallimento?
Ci sono stati giorni tempestosi in cui ho pensato di non farcela; la fiducia ai minimi termini e mai risposte precise, se non per ricordarmi che può piovere più della pioggia. 
Ci sono stati invece giorni illuminati in cui ho pensato che tutto potesse accadere e che nulla fosse impossibile. Giorni in cui la realtà ha superato la speranza.
Nel mentre, tra terremoti bui e lidi soleggiati, sono arrivato qui. Confuso, in mezzo a dubbi e certezze che mutavano a seconda del vento, dopo 7 mesi, sono giunto proprio qui.
7 mesi di saliscendi umorali e di classifica che ancora oggi non mi hanno fatto capire chi siamo e quale sarà il nostro destino. Ma sono arrivato sin su questo filo traballante a chiedermelo.
Non lo so. Il filo è la speranza, è il confine tra paradiso e inferno, tra gioia e baratro, tra storia e polvere, tra gloria e fallimento. Odora di limbo e col passare del tempo si è fatto sempre più sottile ed instabile. Non c’è più tempo per esperimenti e per spiegazioni. Non c’è più tempo per rimandare e calcolare. Non c’è più tempo per sbagliare. Dopo questa pausa ci sarà la resa dei conti. E si ricomincia con la settimana della passione.
Sì, mi sento così. A volte è una pena. Perché il pericolo che tutto si sgretoli è reale. Però mi dico che è anche un privilegio. Nel tempo, da molto tempo, non mi ci ritrovavo. L’avevo dimenticata questa sensazione. E viverla in primavera è una rarità; chiedere risposte col timore ma con fiducia, vuol dire che sono nel posto giusto. Nonostante il tremore e la nebbia. Nonostante i dubbi. Mi dico: a qualcosa varranno 5 anni consecutivi di esperienza europea. Mi ripeto: a qualcosa varrà un allenatore che questi momenti rappresentano la sua normalità. A qualcosa varrà avere un attacco senza eguali e il giocatore più forte del campionato. A qualcosa saranno servite le battute d’arresto, i pareggi casalinghi e i chili di bile accumulati. 
La coltre di nebbia che offusca la visuale e i pensieri, nasconde le risposte e mi illude di essere già alla fine del cammino. E del filo.
Chissà dove ora mi porterà; chissà quando si spezzerà; chissà dove cadrò: nella fossa dei sodomiti a contare lacrime di sangue o in una piazza tra migliaia di persone a piangere di gioia ed esultare?
Sento una serie di guaiti schiumosi che dagli abissi, da chissà quale girone infernale, ripetono netti e sarcastici “io l’avevo detto..”. Sento poco distante l’urlo del trionfo. Un boato collettivo che ha il profumo dell’azzurro e il sapore di vittorie e coppe che come un gol riecheggia roboante e che non vuole smettere più.
Sento il timore che un episodio possa tramutare tutto in polvere. Sento l’adrenalina che sale, due mesi da vivere e il filo che non vuole ancora spezzarsi. 
Dove arriveremo proprio non riesco a capirlo. So solo che ci siamo.
Intanto sento anche un treno che si avvicina. Porta con sé finalmente tutte le risposte. Sento il rumore, il fischio,  l’ammasso di ferraglia. È sempre più vicino, eccolo. È un frastuono. Sento che sto per cadere… Driiin, driiin, driiiiin.
Era un sogno? Un incubo? Sarà gloria? Sarà fallimento? 
Sono ancora in piedi e resto qui sudato sul filo del purgatorio in cui nulla si sa. E speranzoso in equilibrio, o echilibrio, aspetto le risposte. E uno, due, tre motivi per gioire. 
Si ricomincia.
(Intanto devo riparare le sveglia. Fa troppo casino).
Forza Napoli Sempre.
Gianluigi Trapani
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