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Il Napolista, una scommessa vinta alla grande. Ma niente guerre di religione

Il Napolista, una scommessa vinta alla grande. Ma niente guerre di religione

Non ho mai amato i compleanni, né gli anniversari o le celebrazioni, ma questa volta vincendo persino la ritrosia per “i baretti” sarei venuto con piacere a spegnere le 5 candeline di vita del Napolista, purtroppo non ce l’ho fatta.

Una scommessa giocata e vinta alla grande. Un intelligente giocattolo che più volte ha rischiato di rompersi ma che poi è riuscito a rimanere il riferimento di tanti. Uno spazio libero, capace di accogliere le più differenti patologie di una insanabile malattia comune. L’appuntamento quotidiano dove si trova sempre qualcosa da leggere e si incontra spesso una nuova lucida follia da cui farsi sedurre. Mi raccomando Max non lasciamo per strada le sue caratteristiche migliori per trasformarlo nella riserva esclusiva di pochi punti di vista. Le linee editoriali non devono mai diventare guerre di religione perché, persino sul grande Rafa, si possono pensare cose diverse senza per questo essere eretici da scomunicare. So bene che il fideistico sostegno all’allenatore significa anche rivendicare un diverso modo di essere giornalista, tifoso e persino napoletano. Insomma la ragione di esistere dello stesso Napolista, che va difesa e tutelata e su questo sarò sempre con te. Non bisogna esagerare però, e sentirsi come una riserva indiana a rischio di estinzione, altrimenti non ci si diverte più, e si rischia di diventare un po’ snob e prevedibili.
Claudio Botti

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