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Rafa, lasciaci al nostro essere Fantozzi: siamo abituati da sempre a perdere

Rafa, lasciaci al nostro essere Fantozzi: siamo abituati da sempre a perdere

Alle volte la Gazzetta dello Sport ricorda e si ricorda di essere il primo quotidiano sportivo italiano. E dunque interpreta perfettamente il proprio ruolo di guida nel comune sentire sportivo di una nazione.

È il caso del 10 luglio 2006 (l’indomani della finale di Berlino) quando la Gazzetta titolava “Tutto vero”.

Ed in quel “tutto vero” c’era tutto il nostro essere italiani.

Il tifoso italiano medio (ma forse non solo il tifoso) è infatti geneticamente predisposto al pessimismo ed è dunque geneticamente predisposto alla sconfitta.

Ci aspettiamo di perdere. E la vittoria genera una incredulità che ha bisogno di conferme.

Dunque….”tutto vero” serviva ad esorcizzare incredulità e pessimismo.

Ma proprio il pessimismo cosmico consente al popolo italiano di sopportare la medesima sconfitta con biblica rassegnazione.

Non per niente, quel genio di Paolo Villaggio, fa dire a Fantozzi :

« …Io, Pina, ho una caratteristica: loro non lo sanno, ma io sono indistruttibile, e sai perché? Perché sono il più grande “perditore” di tutti i tempi. Ho perso sempre tutto: due guerre mondiali, un impero coloniale, otto – dico otto! – campionati mondiali di calcio consecutivi, capacità d’acquisto della lira, fiducia in chi mi governa… e la testa, per un mostr… per una donna come te. »

(Ugo Fantozzi dal film Fantozzi contro tutti)

Conoscete qualcuno più italiano di Fantozzi?

Il tifoso napoletano in questo, evidentemente, è il più italiano degli italiani e, dunque, vive con la intima percezione della catastrofe imminente e con la granitica certezza della sconfitta. Quasi che la sconfitta sia il luogo nel quale siamo destinati a vivere.

E dunque solo nella sconfitta il tifoso napoletano riesce a sentirsi veramente a suo agio e veramente a casa. Quasi che la napoletanissima imprecazione “Io ’o ssapev!!!” da noi tutti tifosi mille volte pronunciata immediatamente dopo l’immancabile sciagura calcistica, non sia null’altro che una sorta di comodo e tutto sommato sospirato ritorno a casa.

Questo non necessariamente è un limite o un difetto. Anzi. Come dice il Ragionere Ugo, noi siamo sostanzialmente indistruttibili. Non ci si entusiasma troppo e soprattutto non si hanno grandi speranze o aspettative, cosicché la caduta è lieve e meno dolorosa.

Siamo dei gran perditori. Dei grandissmi perditori.

E poi arriva Rafa.

Il limite del Nostro amato Rafa è proprio questo. L’aver fatto credere ai tifosi napoletani, ed a me, che fosse possibile.

Che fosse possibile vincere.

Che fosse possibile giocare su qualsiasi campo e aspettarsi la vittoria come unico risultato veramente soddisfacente.

Che fosse possibile ambire a qualsiasi grande giocatore.

Che fosse possibile costruire una società sul modello del Dortmund o dell’Atletico Madrid, e dunque vincere con il valore delle idee e non solo con i soldoni degli sceicchi.

E, questo, caro Rafa, beh questo IO NON POSSO PERDONARTELO. Non so gli altri tifosi. Ma io no.

Io non voglio sperare.

Io non sono degno di questa sepranza.

Noi napoletani non siamo degni di una speranza.

Non sapremmo gestire il dolore di una speranza svanita.

Meglio tornare nel nostro limbo mediocre e grigio.

Molto meglio …

Sarebbe troppa la gioia.

Sarebbe troppa la soddisfazione.

Sarebbe troppo l’orgoglio per aver vinto proprio da napoletani.

Sarebbe troppo.

Ora Vi lascio.

Padoin sta per tirare il rigore.

Ma …figurati se Rafael lo prende.

Figurati

Sarebbe troppo bello…
Stefano Carnevale

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