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Roma scopre l’incapacità di questore e prefetto e il Feyenoord non è un buon alibi come Genny la carogna

Roma scopre l’incapacità di questore e prefetto e il Feyenoord non è un buon alibi come Genny la carogna
La fontana del Bernini danneggiata in piazza di Spagna a Roma

“Chiedo le dimissioni del Questore e del Prefetto di Roma”.

Non sono le parole del Sindaco di Roma Marino dopo gli episodi di vandalismo di cui si sono resi protagonisti i tifosi del Feyenoord in occasione dell’incontro di Europa League contro la Roma. 

Il virgolettato risale al 7 maggio dell’anno scorso ed a pronunciare quelle parole fu lo zio di Ciro Esposito, il ragazzo napoletano ammazzato da un colpo di pistola esploso poco prima dell’inizio della finale di Coppa Italia dello scorso anno tra Napoli e Fiorentina.

Quella richiesta di dimissioni è rimasta inascoltata e, per la verità, non è stata neanche troppo sostenuta dall’opinione pubblica. Il dibattito successivo a quel giorno infausto si è concentrato su elementi assolutamente marginali: la scritta sulla maglietta e soprattutto la faccia, la postura ed i tatuaggi di Genny ‘a carogna. 

Sono passati quasi 10 mesi e, per quanto ne sappiamo, l’unico provvedimento preso sinora in merito a quel che accadde il 3 maggio è il Daspo di 5 anni al famigerato Genny.

Genny, come faceva notare oggi Vittorio Zambardino, che è il nome più ricordato, più citato di quella vicenda.

Fuori da Napoli in pochi ricordano che la vittima, assassinata con un colpo di pistola, si chiamava Ciro Esposito. Ancora meno persone conoscono il nome di Daniele De Santis, il capotifoso di tendenze neofasciste che ha ammeso di aver tirato il grilletto.

Nessuno, oltre agli addetti ai lavori, conosce i nomi del Prefetto e del Questore.

Eppure i fatti di ieri confermano, ovemai ce ne fosse bisogno, che la gestione dell’ordine pubblico a Roma in occasione degli incontri di calcio, è quantomai lacunosa ed approssimativa.

A farne le spese, stavolta, è stato non un ragazzo come Ciro, ma un monumento del Bernini.

Grande sdegno dei media e delle istituzioni, ma non è con lo sdegno che si risolvono queste situazioni.

Marino dice che i pericoli che potevano derivare dal comportamento di alcune centinaia di individui era stato segnalato dalle autorità olandesi. E’ sicuramente vero, è prassi in questi casi che i due paesi si scambino informazioni.

La gestione dell’ordine pubblico in occasione degli incontri di calcio è, in Europa, una materia talmente sviscerata che stupisce che nella Capitale italiana si possano verificare situazioni come quella di ieri e stupisce ancor di più che si possano verificare a cosi poca distanza da altri episodi gravissimi.

Ma forse è proprio questo il punto.

La gravità di quel che accadde a Roma il 3 maggio non è chiara a tutti. Il corpaccione tatuato di Genny ‘a carogna è stato talmente ingigantito da gettare ombra su tutto il resto. Sui siti dei giornali online del 4 maggio campeggiavano le foto di Genny a cavalcioni sulle transenne dell’olimpico, gli stessi siti, oggi, pubblicano le immagini dei danni della fontana del Bernini.

Chi è la vittima degli atti vandalici di ieri lo sappiamo benissimo e sappiamo anche che i colpevoli sono i “Nederlandse beesten” (gli olandesi animali) come ha sobriamente titolato il Tempo.

Antonella Leardi, madre di Ciro, e tutta la famiglia Esposito, invece, per raccontare la verità hanno dovuto combattere contro un giornalismo cialtrone che si è gettato a capofitto nei vicoli dove abitava Genny, ha filosofeggiato sulle scritte della maglietta che indossava, ha, inizialmente, addirittura cercato di derubricare quello che è stato un vero e proprio agguato ad una tentata rapina finita male.

Vorremmo che la stessa foga che sostiene oggi la richiesta di risarcimento dei danni per la fontana del Bernini sostenesse anche la domanda di giustizia della famiglia Esposito. 

Vorremmo che una sentenza ci dica come sono andate le cose il 3 maggio scorso, che l’assassino di Ciro paghi le sue colpe e che a chi ha reso possibile quella tragedia non vengano affidate mai più responsabilità nella gestione dell’ordine pubblico.
Fabio Avallone

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