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Solo nel calcio italiano c’è una giustizia ideale che ha soppiantato il regolamento

Solo nel calcio italiano c’è una giustizia ideale che ha soppiantato il regolamento

Anni e anni di moviole pilotate, di campionati falsati, di calciopoli sanzionate (e non) hanno provocato un evidente danno collaterale: in Italia non si sa più cos’è un fallo da rigore. Anzi, non si sa più cos’è il regolamento.

Ce ne rendiamo conto durante le coppe e negli incontri della nazionale, quando fischiano contro le squadre italiane quei rigori per abbracci, trattenute e strattonamenti che da noi vegnono puntualmente battezzati come “non evidenti”, “peccato veniale”, “leggero contatto”.

Siamo caduti nel paradosso di riconoscere due versioni dello stesso regolamento, quello europeo e quello italiano. Gli stessi giocatori si comportano in modo diverso a seconda di che partitia stanno giocando. 

Non voglio cadere nel determinismo alla Boskov (“rigore è quando arbitra fischia”), ma alcune cose vanno dette. 

Il calcio è uno sport e come tutti gli sport ha delle regole. Nel salto in lungo, ad esempio, se nel saltare superi una linea il salto è nullo. Anche di un millimetro. Nessuno si sognerebbe di dire “questione di millimetri, si poteva anche non fischiare”. Se è nullo, è nullo. A Roma, a Copenaghen, a Boston.

Nella pallanuoto se metti la palla sott’acqua è fallo. Hai voglia a dire “l’avversario è lontano e comunque non avrebbe potuto prenderla”. Se la palla va sotto, va sotto. Ed è fallo. In qualunque piscina del mondo.

Nel calcio, allo stesso modo, se trattieni l’avversario per la maglia è fallo. E se lo trattieni in area, è rigore. Ovunque, tranne che nella TV italiana. 

Ero tra quelli che aveva salutato positivamente la decisione della domenica sportiva di non fare più la moviola (è ancora così? quest’anno non l’ho vista neanche una volta), per due motivi: si evitavano inutili polemiche e, soprattutto, si evitava di diffondere visioni distorte del regolamento.

Su twitter ieri Maurizio Pistocchi (storico moviolista mediaset) diceva: 

“Ho sentito un “collega” dire “se fossi un arbitro certi falli all’interno dell’area di rigore farei finta di non vederli” Ma che discorso è?”. 

Ed è proprio questo il punto. Abbiamo sovrapposto una sorta di giustizia ideale, tutta italiana, al regolamento. “Era fallo, ma…” è giù una serie di esimenti: “ma non poteva più prendere la palla”, “ma accentua la caduta”, “ma di questi episodi se ne vedono a decine”… e così via. Questa sorta di giustizia sovraregolamentare è diventato un sentimento popolare, si è insediato nella mente dei tifosi, dei giocatori e sinanche degli arbitri. Così in una partita non si può fischiare un secondo rigore se il primo non era proprio evidente anche ai ciechi. Per venire agli ultimi fatti, non puoi concedere al Napoli un rigore per una spinta su Higuain contro il Genoa se ne è stato concesso uno per una trattenuta su Zapata in Coppa Italia.

E la cosa assurda è che, in fondo, ci stiamo tutti un po’ convincendo di questa cosa.

Ecco, io non vorrei piegarmi a questa deriva, mi vorrei tenere il buon vecchio regolamento. Senza ma e senza compensazioni. E secondo il buon vecchio regolamento il rigore su Higuain c’era, il gol di Higuain era in fuorigioco e Roncaglia andava espulso per fallo da ultimo uomo.
Fabio Avallone

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