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Barry Lindon lo ha portato a Dublino, ’a bella mbriana lo protegge. Al gol di Callejon, Diego grida il liberatorio “afammocca”

Barry Lindon lo ha portato a Dublino, ’a bella mbriana lo protegge. Al gol di Callejon, Diego grida il liberatorio “afammocca”

Ventisette anni il prossimo 11 gennaio, proprio il giorno del match “contro quelli là”. Gli piacciono la frittura di pesce, l’azzurro (“Il cielo, il mare, il Napoli e la nostalgia di casa hanno lo stesso colore”, dice) e il caffè corto e molto zuccherato (“bastano le amarezze della vita per decidere di non prenderlo amaro”). È Diego Pugliese, dublinese adottivo da tre anni: abita in Foley Street, fa l’operatore di call center per Lufthansa In Touch e ha scelto Dublino perché nel Barry Lyndon di Kubrick veniva descritta come un “posto sicuro”. A Dublino ha portato il suo orgoglio di napoletano e la Bella ‘Mbriana: “La saluto ogni volta che entro in casa. Mi rassicura sapere che c’è uno spirito che si prende cura di me e che lavora per il mio bene”, racconta.

Dice che Napoli è come una mamma popolare, da film neorealista, sofferente, soprattutto per colpa dei figli. Della città gli mancano la gente, via Cesareo Console, casa sua, il Gambrinus e piazza del Plebiscito. Gli manca la poesia della nostra lingua: “Anche un insulto in napoletano suona come musica”. E gli manca il San Paolo, “la Galilea, la terra che ha visto i prodigi del Signore”. La prima partita allo stadio fu nel 1996, Napoli-Udinese, gol di Pecchia e Bierhoff: “Avevo otto anni e non mi avevano detto dove mi stavano portando. Ricordo ancora lo stordimento e l’emozione. Il verde del prato, le maglie azzurre, le voci che si alzavano in coro”.

Il Napoli, per lui, è un modo di rivendicare tutto quello che la vita non gli dà in quanto napoletano: “Ogni vittoria per me è uno schiaffo in faccia a chi ci vuole solo camorristi, prepotenti, imbottiti di pizza e suonatori di mandolino. È poter dire “noi ci siamo” a gente che pensa che camminiamo tra proiettili e monnezza”. Parla di Higuain come di “un animale da campo di calcio, con piedi di velluto e caviglie in cemento armato”, ma è ad Hamsik che dichiara il suo amore incondizionato: “È arrivato qui con tutto da dimostrare e lo ha fatto in silenzio, senza proclami da sbruffone. Marek è la fedeltà, il silenzio, il lavoro, lo splendore opaco, il Black Hole Sun”. Un amore bellissimo.

Pochi riti scaramantici, ma salienti: il giorno della partita non si fa la barba, riconferma la mutanda della prima vittoria in campionato, non chiama i suoi, e avverte tutti quelli che si preoccupano della sua salute di non guardare il risultato… per non portare peste.

Esce dal lavoro alle 17.35: ha 25 minuti per raggiungere il Woolshed pub, che ne dista 50. In taxi l’ansia lo attanaglia: gli tornano in mente le mazzate che prendeva il Napoli di Dionigi, Savoldi e Pasino contro le piccole e gli si appanna la vista. Poi pensa al Milan che ha perso, gli viene da ridere e si incanta a guardare l’azzurro del cielo d’Irlanda.

La prima birra serve a riscaldare l’atmosfera, in comunione con gli altri sei clienti del pub. Al 28°, insieme al gol di Callejon, l’afammocca di Diego suona come un urlo liberatorio, poi una palla favolosa di Hamsik accompagnata da un “ohhhhhhh” di tutto il pub, il gol di Higuain e il tripudio. Si rilassano tutti tranne lui: “Sto come un animale”, dice. Il suo afammocca è rivolto a tutti quelli che lo sfottevano in classe o per strada perché tifava Napoli mentre loro avevano scelto la strada più semplice: “Ma che ne sanno, tutti, che l’amore è sofferenza, manate sul tavolo, pugni, sbattimento e urla?”.

Seconda birra e patatine e l’intervallo se ne va tra discorsi dotti sulle “marachelle” della mamma del numero 25 del Cesena. Poi, alla ripresa, l’autogol di Capelli su tiro di Marek e la rete di Higuain (“Gonzalone è dio!”, esclama). Nel pub canticchiano sottovoce “noi non siamo juventini”. Diego indossa il suo sorrisone a 78 denti ed esce nella notte dublinese. Il cielo è nero, “tanto dentro è azzurro”. È come dice la canzone: “Il cielo d’Irlanda ha i tuoi occhi se guardi lassù, ti copre di verde e ti annega di blu”. Di azzurre sfumature di blu.
Ilaria Puglia


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