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Castellini e quel rinvio sospetto che fece nascere il gemellaggio tra Napoli e Genoa

Castellini e quel rinvio sospetto che fece nascere il gemellaggio tra Napoli e Genoa

Sapete come vanno le cose. Il tifoso, quando non tutto gira per il verso giusto, inizia a rimuginare, a fare paragoni con qualche atleta del passato semplicemente per dire che quelli che abbiamo oggi sono giocatori poco più che sufficienti. In pratica il supporter diventa una sorta di nostalgico allenatore in pectore quando inizia a snocciolare i giocatori che avevamo una volta e che adesso, purtroppo, non abbiamo più. Gli anni passano, il calcio cambia, lo sport più bello al mondo diventa sempre più business, qualche conato di vomito ti sale quando ti costringono a stare tre giorni interi davanti al televisore per coprire tutta la fascia delle gare di campionato e conoscere i risultati della serie A. Intanto così è, se vi pare. Sorbiamoci questo calcio e chiudiamo gli occhi, la palla è rotonda. Viva Eupalla!

Ed oggi, nonostante gli anni che passano e scorrono nel fiume della nostra vita, ci è preso un po’ di nostalgia per un signor portiere che si chiama Luciano Castellini, suo malgrado, ahimè, sfortunato protagonista di un Napoli-Genoa del maggio 1982 dove tutti gli buttarono la croce addosso. Non è da un episodio così, però, che si può giudicare la grandezza e la bravura di un portiere che resta tra la “Hall of fame” di tutti i numeri uno azzurri. Si sa, quando sbaglia il portiere anche i gradoni dello stadio sembrano notarlo, quando invece diventa una sorta di “Giaguaro” tra i pali (mai nickname fu più appropriato) ha fatto solo il suo dovere. È proprio vero, la solitudine dei numeri uno è un dato di fatto inconfutabile. E sicuramente sono “soli” anche i difensori della nostra porta quest’anno. Questo pensavo negli ultimi giorni quando si è dato un po’ di spazio ad Andujar e quando il processo alla “strega” Rafael Cabral sta diventando sempre più ossessivo rischiando di linciare moralmente un ragazzo che ha solo 22 anni e ha bisogno di crescere ancora. Purtroppo per lui, l’anno passato il Napoli aveva in porta uno dei goalkeeper più forti al mondo, un vero “gatto” dell’area di rigore, Pepe Reina. E questo contribuisce al massacro mediatico cui stanno sottoponendo il numero uno brasiliano. Quindi quello che si è sempre asserito, da che calcio è calcio, vale a dire che per vincere i campionati ci vuole un grande portiere, un centrale difensivo super, una mente a centrocampo e una punta che la butta dentro, rischia di non valere per il Napoli. Poiché, al di là di Higuain, che nelle sue movenze sembra sempre più un Altafini dei bei tempi, anche se più veloce, gli altri ruoli non sono coperti da altrettanti fuoriclasse.

Ed allora, visto che tifoso sono anch’io, ho fatto proprio quello che dicevo all’inizio. Sono partito in quarta con i paragoni. Dalle nostre parti sono transitati i più grandi portieri di Italia, non lo dimentichiamo. Da Cavanna a Sentimenti, da Bugatti a Casari, da Bandoni a Zoff, da Castellini a Garella, fino a Giuliani, Galli, Taglialatela e De Sanctis. E l’elenco sarebbe ancora lungo ma visto che si gioca Napoli-Genoa la mente non può non andare al “Giaguaro” per eccellenza, Luciano Castellini da Monza, una vita spesa tra Curva Maratona al Torino e l’ingresso nel tempio del San Paolo a cavallo tra gli anni ’70 e ’80. Innanzitutto il ricordo va all’uomo prima che all’atleta. Una persona seria, tutta di un pezzo, di poche parole, nato per stare tra i pali, per volare e graffiare, uno a cui piaceva da matti la parata spettacolare. Un felino sempre alla ricerca della preda da abbrancare, la palla. Castellini giocò sette anni in azzurro, sfiorò lo scudetto nel 1981, venne dopo il disastro Mattolini (un toscanaccio che giocava con i mutandoni ed un cappello anni ’30 in testa forse per nascondere l’incipiente calvizie) ed aprì un ciclo a Napoli che terminò solo quando arrivò “El Diez” Maradona. Con l’asso argentino, con cui andava molto d’accordo, il “Giaguaro” giocò il torneo 1984-85 e poi smise anche perché era ormai alla soglia dei 40 anni. Allodi, con Ferlaino, decise poi di puntare su un piemontese d.o.c., “Garellik” e con lui gli azzurri vinsero il primo scudetto nel 1987.

Luciano da Monza, un naso di tutto rispetto, camminava con un quaderno in tasca dove segnava tutto degli attaccanti avversari, compreso come tiravano i rigori. Guardava la ‘Domenica Sportiva’ e prendeva appunti, altro che I-phone! Riportò lo scudetto a Torino, sponda granata, dopo 27 anni dalla tragedia di Superga e per questo i tifosi non lo dimenticheranno mai. C’era lui in porta, Caporale dietro, Pecci in mezzo al campo e Pulici e Graziani a fare i “gemelli del gol”. Come volevasi dimostrare circa l’ossatura di una squadra vincente. A Napoli venne a sostituire il discontinuo Mattolini e dopo una onoratissima milizia in azzurro fu mandato in pensione per poi richiamarlo per allenare i portieri negli anni di Maradona. Il nostro fu anche il primo in Italia a parare con i guanti e racconta sempre che Maier, il portiere della Germania, gli regalò un paio di guantoni della Reusch, allora sconosciuti in Italia. Si trovò così bene che qualche giorno dopo se ne fece arrivare 20 paia e tre li regalò a Zoff. Altri tempo, altro calcio.

A Castellini è legato, come dicevamo, lo strano episodio che fece nascere il bellissimo gemellaggio con il Genoa. Fino al gennaio 2013 tutti credevano alla favoletta che il Napoli avesse lasciato ‘gentilmente’ segnare il rossoblu Faccenda al ’90 dell’ultima partita di campionato (risultato finale 2 a 2) facendo salvare il Grifone e mandando il Milan in Serie B. Ed invece, in una intervista a cuore aperto per il Guerin Sportivo, Castellini smentì tutti: «Mi riferisco a tutte le malignità dette in occasione di quel mio infortunio contro il Genoa…Fu solo un banalissimo errore. Le braccia stavano andando a una velocità ridotta rispetto alla testa. Avevo già visto il pallone finire ai piedi del mio compagno, invece per poco non va in porta. Non c’è stata malafede: lo dimostra il fatto che dopo trenta anni sono ancora qua». Va bene, Luciano, il tuo non fu un errore voluto ma hai fatto nascere una bellissima amicizia con gli amici genoani.
Davide Morgera (foto dell’archivio Morgera)

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