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Ora il bersaglio è Rafael. “Ah, se ci fosse Reina”… sarebbe infortunato

Ora il bersaglio è Rafael. “Ah, se ci fosse Reina”… sarebbe infortunato

Lo avete visto Rafael. Che cosa ha combinato. Sul primo gol forse avrebbe fatto meglio a restare sulla linea anziché avanzare contro Ibarbo, che aveva già due uomini addosso. Restando fermo avrebbe avuto la forza per lanciarsi nell’angolo basso e parare. E sul secondo gol, poi? Avrebbe dovuto allungare la mano, bastava così poco per parare, la palla nell’area piccola lo sanno anche i bambini che è sempre del portiere. Il terzo gol non ne parliamo. Il pasticcio nasce da lui, il pallone lo deve scaraventare lontano, rinvia lungo con i piedi invece di passarlo a Koulibaly che sulla pressione di Ibarbo si impappina e combina il guaio. 

Che cosa ha combinato Rafael, 17 parate appena in 12 partite, il quartultimo in tutta la serie A. 

Di positivo c’è che, contrariamente a quanto si racconta in giro, il Napoli concede poco ai suoi avversari, segno di meccanismi difensivi non proprio così fragili e sconsiderati: gli avversari del Napoli arrivano al tiro in porta in media 10 volte a partita. Solo la Juve in serie A fa meglio, con 8 tiri concessi. Così, di passaggio, va considerato che in questa particolare statistica il Napoli è al 18° posto in Europa. Dunque la squadra di Benitez è fra le 20 squadre che in Europa – in Europa – concedono meno occasioni agli avversari. 

Ma si parlava di Rafael e dei suoi errori. Ci sono e non si possono dimenticare. Non si può neppure dimenticare che si parla di un calciatore di 24 anni. Un anno fa le sue prestazioni furono molto buone, in una certa fase della stagione avemmo addirittura la sensazione che fossero migliori di quelle del nostro amato Reina, nel frattempo fuori per infortunio (all’epoca, e anche oggi), quando poi in Coppa, in Galles, Rafael si ruppe e il lavoro con lui si fermò. Ah, già, ma ce lo ricordiamo? Il lavoro con lui si fermò. Per diversi mesi Rafael ha dovuto solo preoccuparsi di guarire. È rimasto lontano dal campo e dalla squadra. Ha ricominciato quasi da zero. Bisogna aspettarlo. Mamma mia, che parola antipatica: aspettare. Quasi più antipatica di lavorare. Eppure questo fa una squadra di calcio, questo fa un allenatore. Lavorare e aspettare. Si racconta che Liedholm tenesse Tassotti, alla fine degli allenamenti, sul campo a palleggiare, poi a crossare, per migliorarne la tecnica individuale. Oggi viene in mente altro: il mercato. Per prima cosa, adesso e qui, a Napoli, viene in mente Reina. Se solo lo avessimo tenuto. In realtà andrebbe considerato che “se solo lo avessimo tenuto” Reina sarebbe infortunato. Pare che fosse questo allarme medico, in estate, a consigliare al Napoli di lasciar perdere con una spesa tanto onerosa. Una spesa, non un investimento. Un investimento si chiama così perché prevede una proiezione sul futuro. Un investimento è Rafael. Ma l’idea di futuro prevede un’attesa, ci piaccia o meno. Quell’attesa che non abbiamo avuto voglia di vivere con De Guzman, con Lopez, che non abbiamo voglia di vivere con Rafael. Il Napoli è terzo in un clima di disfattismo e di attesa al varco francamente incomprensibile, folle, schizofrenico, inaccettabile perfino se negli ultimi 10 anni si fossero vinti 5 scudetti, e invece negli ultimi 24 ne abbiamo vinti zero. Un clima dove la possibilità di pronunciare la frase “io lo avevo detto” viene prima della fiducia nel lavoro degli altri. Questo manca, forse perché manca in assoluto alla vita pubblica di questo Paese: la fiducia nel lavoro degli altri. Credere che noi al posto di un altro faremmo sicuramente meglio. Noi, certamente infallibili nei nostri uffici, nei nostri posti di lavoro, nei nostri indignati post sui social. Anche se poi scriviamo “hanno” senza l’acca. 
Il Ciuccio

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