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Elogio di Koulibaly, il coraggioso che corre (e sbaglia) alla Forrest Gump

Elogio di Koulibaly, il coraggioso che corre (e sbaglia) alla Forrest Gump

Da un pezzo volevo scrivere l’elogio di Kalidou Koulibaly. Ho aspettato che commettesse il primo, grave errore della sua permanenza napoletana per farlo. E quel maldestro tentativo di dribblare Ibarbo del Cagliari domenica scorsa, diciamocelo, un grave errore lo è tutto. In realtà, volevo scrivere soprattutto di quanto è strano vedere questo ragazzone alto centottantasette centimetri, pesante quasi novanta, dalla pelle nera come la notte più buia, giocare in un club come il Napoli, arrivare quasi in punta di piedi e rivelarsi, partita dopo partita, un fior fior di giocatore, di buon piede, fisicamente attrezzato, veloce, potente in progressione, capace di lanciarsi in attacco o, come contro lo Sparta Praga, sfoderare una “ruleta” degna del miglior Redondo. O come quando (contro la Roma, mi pare) si lanciò in progressione dopo aver strappato la palla a Gervinho e sembrava non fermarsi più. Alla Forrest Gump. Poco ci è mancato che uscisse dal terreno di gioco, dallo stadio, da Fuorigrotta e poi chissà dove sarebbe potuto arrivare. Forse all’altezza di Ciro a Mergellina qualcuno gli avrebbe ricordato la sua impresa.

Ma, vedete, non è per la progressione in sé o per la ruleta che Kalidou si merita l’elogio – la giocata improvvisa, la fiammata sta nel gioco del calcio e uno se la può aspettare pure da uno scarsone – quanto il modo in cui il coraggio gli monta, a Kalidou, ogniqualvolta riesce in un gesto sportivo degno di questo nome. Guardatelo Kalidou, dopo aver compiuto la ruleta. Non si è fermato, non ha passato la palla ad Hamsik ed è ritornato in difesa, come qualsiasi altro disciplinato difensore avrebbe (giustamente) fatto per lasciare nelle menti dei suoi tifosi il ricordo del bel gesto appena compiuto. Non ha pensato: adesso ho fatto il mio e mi posso fermare qui. No, Kalidou è andato avanti, ha cercato la combinazione, ha preteso con la forza del pensiero che Hamsik gli restituisse la palla e poi ha tirato malamente fuori perché i piedi di un difensore sono quelli che sono. Qualcuno potrebbe dire che ha la tempra dello spaccone, e invece secondo me no. Kalidou è un coraggioso. Si lancia, alza la posta, va fino in fondo. Il coraggio gli viene strada facendo, decide volta per volta, senza un programma o movimenti-tipo. I difensori prima o poi impari a conoscerli. Ci sta quello che per disimpegnarsi guarda quasi sempre al portiere, quello che si porta la palla sul suo piede, oppure si allarga verso il fallo laterale. Kalidou no. Kalidou le fa tutte, ti sorprende quasi sempre e qualche volta infatti sbaglia e a noi ci viene il panteco.

In definitiva, è il percorso che sta compiendo questo ragazzone senegalese e francese che emoziona noi tifosi. Ad ogni intervento (buono o cattivo che sia), Kalidou cresce, si fa meno acerbo, diventa un giocatore completo e noi con lui. È questo il bello di avere uno così in squadra. Non è perfetto, e forse non lo sarà mai, però l’idea che stia diventando il giocatore che doveva diventare, con la maglia azzurra addosso, diciamocelo, un po’ ci rende orgogliosi. E cresciamo pure noi. In fondo, lo sport dovrebbe essere sempre così come lo è per Kalidou: futuro, coraggio, ambizione a migliorarsi sempre, un percorso in cui crescere (e sbagliare) giorno dopo giorno.
Massimiliano Virgilio

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