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È davvero dura immaginare un Napoli senza Benitez

È davvero dura immaginare un Napoli senza Benitez

Diciamo la verità, dell’intervista di Rafa Benitez a questo punto della stagione non se ne sentiva la mancanza. Anche se, in cuor nostro, tutti sapevamo e sappiamo che il suo rinnovo contrattuale resta lo scoglio più impervio della stagione. L’intervista alla Gazzetta non aggiunge granché a quel che già era nell’aria. Certo leggere Benitez che dice “Dico sempre a de Laurentiis di garantire il futuro al Napoli a prescindere da me” e ancora “Ho la mia famiglia lontano, mia moglie e le mie due figlie vivono a Liverpool. È la prima volta che non le ho con me e non è facile. De Laurentiis sa bene quanto sia importante il valore della famiglia” non è proprio di buon auspicio.

Diciamolo, Benitez per Napoli è un lusso. C’è poco da dire. Al di là delle assurde critiche che lo hanno sommerso – e che lo sommergeranno al primo passo falso – il tecnico madrileno ha rappresentato per il Calcio Napoli il salto di qualità mai compiuto in dieci anni di presidenza De Laurentiis. Il suo ingaggio è parso una svolta, un cambio di passo. Non più squadra outsider capace di ottime stagioni e di brillanti incursioni in Europa; ma squadra solida, costruita per competere ogni anno e per – parole di Benitez – provare a vincere non ogni 25 anni bensì ogni stagione.

Benitez, noi qui – come sapete – lo scriviamo da tempo, è stata una rivoluzione culturale per Napoli. E per questo è stato così avversato da pezzi della città. Sin dai primi giorni. Ha fatto discutere già nel primo ritiro di Dimaro, estate 2013, per i suoi metodi di allenamento. I soliti noti cominciarono a insinuare che i giocatori si allenassero per fatti loro perché Rafa non curava il fondo. Se ne sono dette e scritte di ogni colore. Ricordarle tutte sarebbe impossibile. È stato incredibilmente scambiato per uno scriteriato offensivista, lui che è stato aspramente criticato da Ferguson (non l’ultimo arrivato) proprio per i motivi opposti. Per non parlare delle ridicole accuse di non comprendere il calcio italiano.

Benitez è andato per la sua strada, ci mancherebbe. Ha le spalle più che larghe. Ha cominciato a vincere più di dieci anni fa. Ha vinto praticamente ovunque sia andato. Ed è solo grazie a lui se a Napoli abbiamo potuto ammirare giocatori come Higuain, Reina, Callejon. Tutti – i giocatori – puntualmente accolti con diffidenza dalla piazza. Persino Reina, oggi rimpianto, venne guardato con scetticismo al suo arrivo.

Col tempo, Benitez è riuscito ad affermare il proprio punto di vista. Ma non dimentichiamo che quindici giorni fa Il Mattino ha chiesto le sue dimissioni. Insomma, come ha detto nell’intervista alla Gazzetta, dice: “Qui in Italia si vuole ?tutto e subito e, dunque, si è condizio?nati dalla necessità di fare risultato. Diversamente, dopo tre settimane ti man?dano via”. E probabilmente questo non è il suo modo di intendere il calcio. A Dortmund, tanto per fare sempre lo stesso esempio, nessuno dice nulla del pessimo avvio in campionato del Borussia di Klopp.

Insomma, Rafa a Napoli non ha trovato un ambiente disposto a seguirlo. Si è rimasti ancorati alla più semplice delle equazioni: se vinci, vai bene; altrimenti ciao.

Ma non c’è solo questo. C’è anche un’idea di calcio che lui qui non può applicare. “Educo al calcio, insegno il bello”: è questo il titolo dell’intervista. Da tempo, Benitez insiste sulla qualità delle strutture di Castel Volturno. In una delle ultime conferenze stampa ha dichiarato: “Il wi-fi per i giocatori non serve per accontentare me”; un esempio mortificante per una società di serie A che ambisce a stare stabilmente tra le prime d’Italia ed essere considerata in Europa. Benitez – lo immaginiamo – vorrebbe lavorare con i settori giovanili del Napoli, guardarli quotidianamente. Non è possibile, la Primavera si allena a Sant’Antimo, non a Castel Volturno.

Insomma, Napoli al momento non offre a Benitez i requisiti minimi per poter fare quello che a lui piace: insegnare il calcio, consentire a Callejon di conquistare la Nazionale, a Koulibaly di migliorare a vista d’occhio, trasformare Insigne da talento destinato a smarrirsi in giocatore indispensabile oggi rimpianto da tutti.

Quel che colpisce di Benitez è la via di uscita scelta da Rafa. La lontananza dalla famiglia e quella frase sul futuro del Napoli a prescindere dalla sua presenza.

Immaginare un Napoli senza Benitez oggi è davvero dura. Si tratta di un uomo, di un professionista che non lascia nulla al caso, che permea ogni suo gesto della sua personalità, del suo modo di intendere la vita e quindi il lavoro. Magari l’intervista di oggi – che Rafa ha pubblicato anche sul suo sito – è un segnale a De Laurentiis (cui oggi è scomparsa la madre e a cui vanno le nostre condoglianze). Non lo sappiamo. Di certo, come detto all’inizio, avremmo fatto a meno in questo momento di un brusco richiamo alla realtà. In fondo, abbiamo sempre saputo che Benitez per Napoli era un lusso. Però evitiamo anche di fasciarci la testa prima di essercela rotta. Tempo per un accordo c’è ancora. E, soprattutto, Benitez non ci sembra uomo che saluti una piazza senza lasciare un segno. Non ci sembra nella sua indole. Lasciateci aggrappare a questo.
Massimiliano Gallo

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