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Se i club non collaborano, è giusto che il Governo faccia pagare loro la polizia per gli stadi

Se i club non collaborano, è giusto che il Governo faccia pagare loro la polizia per gli stadi

È una svolta epocale. Il Governo chiede, anzi impone alle società di calcio di contribuire al pagamento degli straordinari delle forze dell’ordine per poter assicurare l’ordine pubblico in occasione delle partite. Venticinque milioni di euro: a tanto ammonta la somma comunicata dal capo della polizia, il prefetto Alessandro Pansa. I club non hanno gradito. Il presidente della Lega Calcio Maurizio Beretta ha dichiarato: «Rispettiamo il legislatore e il lavoro della polizia, ma questa e? una sorpresa spiacevole. Non c’e? stato il minimo confronto. Il provvedimento cosi? com’e? ci preoccupa molto, anche per il precedente che rischia di costituire».

Il provvedimento potrà dividere. Sicuramente piacerà ai tantissimi italiani che del calcio farebbero volentieri a meno e che, giustamente, non riescono a capacitarsi di come sia possibile che le società non riescano a isolare frange di violenti che finiscono per trasformare quel che in fondo sarebbe uno sport in un momento di tensione che spesso sfocia in guerriglia.

Il provvedimento del Governo è una chiara sconfitta del dialogo tra Palazzo Chigi e le società di calcio. Se mai questo canale di dialogo è stato avviato. È evidente che la collaborazione non ha condotto al raggiungimento di alcun obiettivo. Le società di calcio avrebbero dovuto esporsi, come accade all’estero, nella ricerca e nella individuazione di persone che si rendono protagoniste di comportamenti al di fuori della legalità. Il fallimento di questa collaborazione spiega la decisione del Governo. “Se voi non collaborate, allora pagate i nostri agenti di polizia. Se gli stadi possono trsformarsi in zone franche di guerriglia, è anche vostra responsabilità. E poiché grazie al calcio guadagnate, dovete contribuire».

Insomma, un ragionamento che ha una sua logica. Le dichiarazioni di Beretta confermano che i club di serie A non hanno alcuna consapevolezza o fingono di non averla. Eppure all’estero – dalla Germania all’Inghilterra, fino al Brasile – appena qualche tifoso si rende protagonista di episodi di violenza e di razzismo, viene innanzitutto allontanato dal club, gli viene revocata la possibilità di accedere allo stadio. Da noi non è mai avvenuto. Se le società non intendono in alcun modo esporsi per la soluzione del problema, è giusto che lo Stato si faccia pagare per garantire l’ordine pubblico.

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