ilNapolista

Rassegniamoci, il calcio sarà sempre meno cazzimma e sempre più show business

Rassegniamoci, il calcio sarà sempre meno cazzimma e sempre più show business

Pochi giorni fa si dibatteva sulla mancanza di “cazzimma” del Napoli. Alla “cazzimma”, definita genericamente come “furbizia opportunistica” io aggiungerei la parola “animus pugnandi” traducibile come “lo spirito di battersi sempre ed in ogni condizione, con aggressività se necessario”.

Guardando il Napoli di quest’anno e più in generale le partite di calcio italiano ed internazionale di questi ultimissimi anni, ho cominciato a riflettere sulla carenza diffusa di queste due caratteristiche che erano invece fondamentali nel calcio del passato. Cosa avrebbe fatto ad esempio la nazionale italiana senza cazzimma ed animus pugnandi nel 1982 e 2006? Di certo non avrebbe vinto quei due mondiali.

È il calcio che sta cambiando. Sempre più spettacolo, sempre meno lotta (almeno in campo). Con questo va però specificato che la carenza di cazzimma non deve essere confusa con la mancanza di impegno e di motivazioni. Nel calcio moderno le squadre, composte da decine di campioni spesso provenienti dall’estero, sono divenute un’alchimia di tecnica, tattica, atletismo, schemi e strategia. Tutto condito dal massimo impegno. Tantissima professionalità, però spesso il quid che ti consente di gettare il cuore oltre l’ostacolo manca. Quella scarica di adrenalina che fece fare 80 metri di corsa a Marco Tardelli la sera dell’11 luglio 1982 a Madrid dopo aver segnato benché stesse scivolando è forse sconosciuta a molti dei cosiddetti top player del 21° secolo. Tardelli lo voleva quel gol, Tardelli sarebbe morto in campo pur di vincere quella coppa. Questo è l’animus pugnandi.

Cazzimma ed animus pugnandi mancano forse anche a Messi e Cristiano Ronaldo che nella loro carriera, pur segnando grappoli di gol, non sono mai riusciti a tirare fuori il colpo della disperazione quando le cose non vanno bene. Al gol ed alla vittoria i fuoriclasse di oggi ci arrivano con lo schema perfetto o con il colpo da campione, sempre meno con il cuore e la predisposizione ad andare oltre i propri limiti fisici e tecnici.

Per carità, i calciatori dell’ultima generazione sono dotati di tecnica sopraffina, rispettano le consegne dei loro allenatori alla perfezione, si allenano tanto, si impegnano al massimo, corrono per 100 minuti, fanno gol strepitosi, e poi spesso hanno fisici bestiali, ed in più sono anche belli e telegenici. Sono delle vere e proprie figurine viventi. Insieme ad i loro allenatori superstar mettono in piedi uno spettacolo spesso entusiasmante. Schemi veloci, passaggi di prima, corsa, tiro, colpi deliziosi. Uno spettacolo fatto per essere commercializzato alla perfezione. Tanto da non capire più se la Playstation replica i calciatori o sono loro ad imitare la Playstation.

In questo grande spettacolo tra il reale ed il virtuale la cazzimma tende a scomparire. L’animus pugnandi lo ritrovi in poche occasioni, a meno di non averlo nel DNA. Anche le squadre meno blasonate, che ne facevano la principale caratteristica del loro gioco, tendono a prediligere il modello del calcio brillante imbottendosi di calciatori stranieri più avvezzi alla finezza di gioco che alla battaglia, tant’è che ad esempio squadre come il Catania ed il Bologna dello scorso campionato sono retrocesse pur avendo una rosa di tutto rispetto. Siamo arrivati al punto che persino le vittorie sonanti fuori casa, anche in campi un tempo inespugnabili, sono divenute frequenti. E pensare che in Italia anni fa anche vincere ad Ascoli o Avellino era un’impresa anche per le big…

Credo che il calcio continuerà su questa strada. La cosa non è in sé negativa, a patto che noi spettatori ce ne cominciamo e rendere conto. Sempre più spettacolo (quando c’è) e calciatori sempre più attori. La crescente professionalità dei calciatori, la loro gestione dell’immagine, i frequenti trasferimenti durante la loro carriera che li porta di nazione in nazione in pochi anni, lo scarso legame con il territorio in cui finiscono per giocare pochi anni alla volta, l’essere, per molti, stranieri nella nazione in cui giocano, porta i protagonisti ad essere degli sportivi ed atleti di grande valore, grandissimi esecutori di quanto preparato dagli allenatori, con grande impegno e professionalità, con il fisico e la mente ben concentrati sulla partita, ma con il cuore sempre più distaccato.

Un qualcosa che si avvicinerà sempre di più al modello Usa nel quale gli sport di punta sono grandissimi spettacoli nei quali giocano campioni dalle prestazioni tecniche ed atletiche strabilianti, ma senza avere necessariamente “cazzimma” ed “animus pugnandi”, tanto che spesso la gente allo stadio li guarda mentre addenta un cheeseburger o mangia patatine, e che magari nel mezzo della partita scende al bar a prendere una birra o un caffè, cosa che per il mondo del calcio è ancora inimmaginabile.

Restano poche squadre di calcio mondiale che fanno dell’animus pugnandi e della cazzimma un ingrediente fondamentale. A braccio mi viene in mente l’Atletico Madrid del condottiero Diego Simeone, i cui ultimi risultati sono andati sicuramente oltre le aspettative se confrontiamo il suo parco giocatori con quello delle big spagnole ed europee. Di contro sono rimasti pochi campi sui quali è ancora difficile vincere. Quei campi dove le squadre di casa, oltre alla tecnica ed il fisico riescono ancora a mettere quel qualcosa in più. Penso proprio a Bergamo che ancora una volta è costato dei punti al Napoli, e sicuramente al primo posto in Italia resta lo Juventus Stadium nel quale i bianconeri hanno costruito la loro storia recente imparando da un allenatore che faceva e fa della cazzimma e dell’animus pugnandi una ragione di vita.
Roberto Liberale

ilnapolista © riproduzione riservata