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Il fascino, l’eleganza e la storia della maglia bianca

Il fascino, l’eleganza e la storia della maglia bianca

Premessa. L’estate che sta andando via col suo mare azzurro, il cielo azzurro, le camicie azzurre a tutto spiano, la nostra città immersa nei suoi colori o meglio nel Suo colore. L’Azzurro “fede”, come quello splendido, nato dai due club progenitori del Napoli: a fasce verticali blu mare e celeste con laccio al collo la maglia del Naples, blu notte in tinta unita con bavero bianco quella dell’Internazionale. La neonata Internaples adotta maglia azzurra con collo celeste, un piccolo compromesso cromatico che salvaguarda il colore azzurro marino del Naples e l’unità di tinta dell’Internazionale. Da qui nasce la storia, Ascarelli per il primo campionato nazionale nel 1926 fa adottare ufficialmente la nuova casacca azzurra con scollo a V bianco che è simbolo della perfetta sintesi delle due società che hanno preceduto la nascita del Napoli. Detto questo e detto che tutti noi vorremmo morire con una maglia azzurra sotto il pigiama, voglio raccontarvi della nostra vera seconda maglia tralasciando i blu notte, i grigi, le mimetiche da guerra, le gialle, le jeansate all’ultimo grido, le rosse e tutto quanto fa merchandising. Tutto, dopo una fredda sera bergamasca in cui anche i più banali tocchi della squadra di Benitez sembravano più eleganti.

Avrei una folle teoria da raccontarvi. Vi siete mai chiesti perché il Real Madrid abbia avuto in passato ed abbia tuttora tanta ascendenza sui supporter spagnoli e su quelli di altre nazionalità? Perché vende tante maglie e perché esercita un fascino eterno nell’immaginario collettivo di noi patuti del pallone? Bene, se davanti agli occhi ci passano le foto degli Dei di Eupalla, i Di Stefano, Gento, Amancio, Butragueno, Sanchez, Ronaldo e decine di altri, io una spiegazione piccola, al di là della grandezza dei giocatori, l’ho trovata. È la maglia bianca! Vuoi mettere l’eleganza, la finezza, la grazia, l’incanto e la malia di una maglia bella e semplice di fronte agli obbrobri che si vedono sfilare sui campi di calcio dell’intero Globo Terrestre? Colori improbabili, maglie storiche stravolte, accoppiamenti da brivido, completi fluorescenti. La Morte del calcio in nome degli sponsor. I madridisti hanno lo stesso charme che hanno sempre avuto le squadre inglesi, penso alla Nazionale ma anche al Tottenham, al Leeds (nella finale di Coppa delle Coppe del 1972-73 contro il Milan di Rivera tifai per gli inglesi, attratto dalla “mise” bianca e mandai a quel…paese il nazionalismo!). Lo stesso fascino che ho ritrovato e che suscita in me la nuova maglia bianca del Napoli edizione 2014-15, una delle più belle “seconde” di sempre con il simbolo e la coccarda della Coppa Italia. In verità tifavo per questa maglia prima della presentazione ufficiale, desideravo che i DeLa la varassero per mantenere una continuità con la nostra agrodolce storia di innamorati e schiavi di una fede. Il massimo sarebbe stato la banda azzurra verticale obliqua “sixties” ma va bene anche così, il colore puro è sinonimo di fierezza e genuinità come deve essere lo spirito, senza macchia e senza paura, dei nostri guerrieri azzurri.

Il Napoli ha sempre adottato la maglia bianca, come alternativa alla classica azzurra, nella sua quasi novantennale storia anche se le prime notizie di un completo del genere risalgono ai primi anni del dopoguerra. Gli anni bui della seconda guerra mondiale lasciarono macerie ovunque ma la distruzione non frenò la rinascita del calcio in città poiché, tra i tanti club più attivi prima della rinascita degli azzurri, spicca una Polisportiva Napoli con la maglia bianca con stemma tondo azzurro e N bianca centrata. Negli anni 50 gli azzurri di Pesaola, Bugatti, Vinicio e Greco ogni tanto indossavano, soprattutto in trasferta, una maglia bianca con giro collo azzurro e pantaloncini bianchi. E furono le prime avvisaglie dell’eleganza dei nostri calciatori.

Il vero boom ci fu negli anni 60 tanto che, dall’inaugurazione del San Paolo, avvenuta nel dicembre del 1959, a tutta la decade successiva ci fu un continuo variare sul tema “maglia bianca”. Scavando negli archivi è venuta fuori una formazione del 1961-2 che, oltre alla banda verticale, ha anche il colletto azzurro come quella di quest’anno, davvero bella. Poi quando il Napoli ritornò in Serie A, nel 1965, la squadra che annoverava campioni quali Sivori, Altafini, Juliano, Canè, Bandoni, il compianto Nardin, Panzanato, Montefusco, Bean, Stenti e Ronzon in casa giocò quasi sempre con una stupenda maglia bianca, con bordino azzurro sul colletto, con uno stemmone in cui spiccava una bella N. Prima di campionato, Napoli batte Spal 4 a 2, tripletta di Canè e rete di Altafini. Sarà perché noi della scaramanzia ne facciamo una fede ma da allora in poi la Bianca diventò una sorta di portafortuna per la squadra di Pesaola. Sappiamo tutti come finì, il Napoli, una neopromossa, arrivò terza a cinque punti dall’Inter campione d’Italia.

Dopo il boom del Napoli di Fiore la maglia della purezza fu un po’ abbandonata, divenne la classica seconda e ne beneficiarono tutte le formazioni, dagli anni 70 in poi. Gli azzurri di Vinicio adottarono un completo tutto bianco con collo a V azzurro e la cosa andò avanti per un decennio fino a quando non arrivarono gli sponsor. Con la Puma sponsor tecnico, la squadra di Savoldi adottò un bianco con banda azzurra sulle spalle, poi quando apparvero i primi sponsor “commerciali” sulle maglie, nel caso del Napoli la Snaidero, la bianca ebbe sempre il collo a V ma con doppio righino azzurro. Con l’arrivo di Maradona, la Buitoni impose un bel bianco integrale su maglie Ennerre ma con pantaloncini azzurri. Anche in questo caso fu sinonimo di vittoria, significò gioia per i supporter azzurri. Tra gli anni 90 e il 2000 il bianco ha fatto sempre la sua comparsa, da quelle Diadora con colletto ad imbuto e lo stemma attuale in bella evidenza fino alle Nike che indossò Stefan Schwoch per riportarci in Serie A. I suoi capelli lunghi correvano più del vento e noi, con la nostra passione, gli soffiavamo dietro per farlo arrivare in porta. Con tutto il pallone.
Davide Morgera 

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