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Visto da NYC, il frastuono arrogante contro Benitez fa un po’ ridere

Visto da NYC, il frastuono arrogante contro Benitez fa un po’ ridere
Il lunedì mattina, in ufficio a New York, non si parla del Napoli. Non si parla nemmeno di calcio, in realtà. D’estate c’è il baseball (che tanto comunque si gioca tutti i giorni…), d’inverno c’e’ il football (che tra le altre cose, ho scoperto, è davvero divertente). 
Così mi sono reso conto che l’ansia da prestazione e il panico del lunedì sono un prodotto della pressione che il tifo napoletano si auto-infligge. Andare in ufficio e discutere con uno juventino (ma anche con un collega napoletano) il lunedì aumenta terribilmente lo stress, e di rimando questo viene trasferito dal tifoso alla squadra sottoforma di insofferenza alle sconfitte. 
In altre parole: capisco l’incazzatura e il fastidio. 
 
Da un punto di vista di tifoso distaccato, tuttavia, non capisco perché la squadra e la società vengano criticate in modo così costante (e spesso arrogante): sono critiche incomprensibili considerato che il Napoli nella sua storia ha vinto due scudetti ed è arrivato secondo forse 4-5 volte. In 88 anni. Abbiamo trascorso più anni in B che tra le prime tre in campionato. Più anni in B che anni in Champions. 
Ed ora, per quattro giornate di campionato andate male, vogliamo esonerare uno dei migliori allenatori in circolazione e critichiamo il presidente che ha vinto di più nella storia della squadra – se si contano quelli che hanno messo soldi propri? 
 
Trovo che questo nostro orribile istinto autodistruttivo si manifesti sempre quando (mi iscrivo nella categoria “napoletani” anche se in realtà sono nato a Pompei) ci troviamo di fronte problemi veri, non risolvibili grazie a un colpo di genio estemporaneo o rinviabili a data da destinarsi. 
 
Si, perché le due tipiche tendenze nostre sono: o il problema si risolve subito o adda’ passa’ a nuttata. L’analisi costruttiva, la discussione del problema e la sua risoluzione senza drammi non si confa’ ad un popolo abituato a pensare short-term come il nostro. L’ansia (la Juve già sta dieci punti avanti), il panico, la voglia di scorciatoie (cambiamo allenatore), la colpa alla iella (la maglia di jeans) sono la nostra risposta alle sconfitte, che, come dice Massimiliano Gallo, nello sport esistono, sono sacrosante e nella storia del Napoli calcio in particolare rappresentano la quotidianità, non la straordinarietà. 
 
Proviamo invece ad analizzare con serenità la situazione partendo dal presupposto che Benitez non rinnoverà e che non ci sono al momento alternative alla presidenza De Laurentiis (se conoscete un arabo che voglia comprare la squadra, per favore, datemi il suo indirizzo che gli pago l’aereo privato di tasca mia). Diciamo anche che Higuain non si stia impegnando e nemmeno Callejon (anche se non capisco in cosa possano beneficiare da una stagione disastrosa del Napoli). 
 
Guardiamo agli allenatori sul mercato. Chi è meglio di Benitez, che oggi il Napoli possa permettersi? Mancini? Guidolin? Mah. Zaccheroni? Cambiato Benitez, i risultati migliorerebbero? È tutto da vedere. Una squadra impostata sul suo gioco, con giocatori acquistati ad hoc, tra l’altro in gran parte dal suo procuratore, come reagirebbe al cambio di allenatore? 
 
Per non parlare dell’aspetto economico (“il Napoli appartiene a Napoli”). Una odiosa tendenza di molti napoletani – ed in particolare dei simpaticoni del tifo organizzato – è quella di considerare il Napoli una loro proprietà. Ma analizzando la spesa pro-capite del tifoso napoletano, è facile rilevare come questa sia notevolmente inferiore non dico a quella del tifoso del Real, ma anche a quella del tifoso del QPR, o dell’Hull City. Certo, viene da dire, il napoletano va al San Paolo che è quello che è: ma siamo sicuri che i tifosi di oggi saprebbero mantenere il decoro di un sontuoso catino come l’Allianz Arena? E che se lo potrebbero permettere? È tutto da vedere. Benitez costa 3 milioni e mezzo all’anno, licenziarlo probabilmente costerebbe due milioni. È una scelta che puo’ fare solo il presidente, che i soldi li mette. 
 
In conclusione: De Laurentiis e Benitez non sono il meglio in assoluto, ma – e la storia parla per loro – sono per il Napoli il migliore dei mondi possibili. Napoli è una città povera – è la realtà, non lo dico io – e una città povera dovrebbe sentirsi molto fortunata ad avere un imprenditore capace (con i suoi errori, senza dubbio) e un allenatore pluridecorato (anche lui con i suoi errori). Al contrario, molti parlano con una superiorità intellettuale derivata da non si capisce quale diritto divino, bacchettando chi lavora tutti i giorni. Parlano come se si potesse sempre fare meglio: anzi, come se loro conoscessero benissimo la strada del successo, che è lì, a portata di mano, “se solo Benitez lo capisse.” Mah 
Trovo che sia una cattiva abitudine non limitata al calcio (vedi le scelte sempre “short-term” della politica che cerca il salvatore, il demiurgo), legata alla tendenza storica nostra a non prendere in mano il proprio destino: protestiamo contro i padroni, li critichiamo, ma raramente facciamo un vero sforzo costruttivo per migliorare. 
Alla luce di questa nostra abitudine, lasciatemi solo dire che tutto questo frastuono arrogante e allo stesso tempo provinciale è intollerabile. 
Visto da qui, fa addirittura un po’ ridere. 

Alfonso Ricciardelli

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