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Il male del Napoli è nella testa ma anche nei Mondiali (come altre squadre, del resto)

Il male del Napoli è nella testa ma anche nei Mondiali (come altre squadre, del resto)

C’era da preoccuparsi già in Brasile, dove il Napoli ha mandato ai Mondiali in estate dodici dei suoi giocatori. Ma l’orgoglio nascose l’allarme. Abbiamo chiuso gli occhi sulle possibili conseguenze. Oggi il Napoli è la stessa squadra di un anno fa però qualcosa è cambiato nel corpo dei suoi giocatori. I reduci dal Brasile hanno raggiunto la squadra in un secondo momento, non tutti nello stesso giorno e la fase iniziale della preparazione atletica è stata sfalsata. Ventisette giorni dopo la finale dei Mondiali, il Napoli aveva da giocare il preliminare di Champions.  Era purtroppo fatale che non tutti fossero al massimo della condizione ed era fatale soprattutto che non tutti fossero allo stesso livello di condizione, non avendo cominciato gli allenamenti tutti insieme. 

Alibi? Vittimismo? Vediamo il cammino di un po’ di squadre che hanno più di 10 calciatori reduci dei Mondiali. Il Manchester United non se la passa molto meglio di noi. Il Real Madrid in campionato ha cominciato soffrendo. Il Psg fa fatica a ingranare. Il Liverpool non riesce a ripetere il cammino dell’anno scorso. L’Atletico Madrid non è proprio infallibile. Il Borussia ha perso due partite su quattro. Il Bayern, forse oggi la squadra più forte d’Europa, rispetto all’anno scorso viaggia più lento. L’obiezione è che ci sono tre squadre piene di nazionali che stanno comunque in testa alla classifica. Vero. Ma il Chelsea ha venduto 4 dei suoi reduci (David Luiz, Eto’o, Torres, Lampard) e i nuovi arrivati (gli spagnoli Fabregas e Diego Costa) dal Brasile sono in realtà tornati a casa prestissimo. Barcellona e Juventus invece hanno aggiunto energie nervose fresche al gruppo di lavoro attraverso il cambio di allenatore, Luis Enrique e Allegri. A noi è mancata freschezza nelle gambe a Bilbao e dopo Bilbao il terreno sotto i piedi. La mia idea è che i problemi del Napoli siano nella testa, ci sta mancando l’adrenalina.  Non lo dico per sottovalutare, anzi, secondo me può essere finanche più pericoloso, soprattutto se l’ambiente smette di restare accanto alla squadra. Quando il problema è nella testa e se l’eliminazione dalla Champions viene ancora vissuta come un fattore demotivante, la mente risponde peggio dinanzi a fischi e contestazioni. Nei vecchi prevale la pigrizia, nei nuovi subentra la paura. 

E’ un fenomeno abbastanza comune alle squadre con molti nazionali dopo i Mondiali. La Juventus che offriva il suo blocco alla nazionale azzurra di Bearzot ai Mondiali del 1978 e del 1982 non vinse i due scudetti successivi nonostante venisse, in entrambi i casi, da un doppio titolo consecutivo. Vinsero invece nel primo caso il Milan, che era senza scudetto da 11 anni, e la Roma, alla quale lo scudetto mancava addirittura da 41 anni. Nel dopo Italia ’90 non vinsero le grandi degli anni precedenti: non Milano, non Torino e neppure il Napoli di Maradona. Vinse la Sampdoria, prima e unica volta della sua storia. Nel post Usa ’94, il blocco Milan reduce dalla spedizione in nazionale con Arrigo Sacchi fallì il quarto scudetto consecutivo. Lo vinse invece la Juventus che veniva da un digiuno di 9 anni e dove si era appena insediato Marcello Lippi, il quale portò nuove motivazioni e una ricarica di adrenalina. Dopo il Mondiale in Sudafrica la spuntò il Milan (7 anni senza scudetto), che aveva 9 reduci contro i 14 di Juventus e Inter. Una volta andò bene pure a noi: dopo il Mondiale in Messico del 1986. Nel campionato successivo il Napoli aveva 3 reduci (Bagni, De Napoli e Maradona, che non tornò per niente appagato), Juventus e Roma ne avevano 5, l’Inter ne aveva 7. 

Maledetti Mondiali, ma adesso è l’ora di svegliarsi.
Il Ciuccio

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