ilNapolista

Il Napoli del progetto si aggrappa a Gargano eroe per caso

Il Napoli del progetto si aggrappa a Gargano eroe per caso

Se il migliore in campo (a parte Higuain) è un giocatore che il Napoli ha scaricato due anni fa e che è transitato da Dimaro praticamente di passaggio, vuol dire che c’è un problema. Non sappiamo quale sia. Di certo questo Napoli che, come ha scritto Trapani, avrebbe dovuto affrontare la stagione delle certezze, si ritrova invece ancora una volta avvolto da tanti dubbi. Il Napoli avrebbe dovuto operare in maniera chirurgica sul mercato, come fatto per Koulibaly e Michu, in modo da trovarsi a metà luglio in ritiro con una rosa più o meno definitiva. E poi in campo quadrata, consapevole della propria forza. 

E invece il Napoli ha affrontato la prima delle due fondamentali gare per la stagione con un eroe per caso, Walter Gargano. Fin qui fischiato a ogni apparizione in amichevole, è stato mandato in campo da Benitez a ricoprire il ruolo che a questo punto dobbiamo immaginare essere decisivo nello scacchiere di Rafa e rimasto scoperto: l’uomo davanti alla difesa. Per carità, la storia è piena di storie simili. Se Nesta non si fosse infortunato nel 2006, non sarebbe mai entrato Materazzi e non avremmo mai vinto il Mondiale. 

Lasciando Inler in panchina, Benitez ha di fatto bocciato la mediana titolare dello scorso anno. E fatto chiaramente comprendere che lui in quel ruolo avrebbe voluto far giocare qualcun altro ieri sera. Che cosa ci sia dietro, non lo sappiamo. L’immagine che associamo alla ricerca del mediano non è delle più felici: ci viene in mente Carlo Verdone che in “Un sacco bello”, in una deserta Roma di Ferragosto, compulsa l’agendina alla ricerca di qualche disperato disposto ad andare con lui in Polonia. Mascherano gli dice no, Gonalons all’ultimo momento si tira indietro, Piraccini e Furino sono troppo anziani. E lui alla fine ci va con Gargano. 

Meno male che la partita è andata diversamente rispetto al film. Gargano non è finito in clinica a operarsi d’urgenza di appendicite, ma è addirittura risultato il migliore del Napoli (sempre escludendo Higuain). E ha finito col salvare l’intrepido Benitez che ha mostrato non poco coraggio a schierarlo in un San Paolo che lo aveva sempre fischiato. Il cuore del discorso non cambia: com’è possibile che il Napoli giochi la gara dell’anno col primo che passa? Com’è che la squadra che fa della progettualità un motivo di vanto, si ritrovi ad affrontare il preliminare di Champions con un calciatore scaricato per due anni consecutivi?

L’interrogativo, ovviamente, rimarrà senza risposta. Ed è, a mio avviso, il più inquietante. Le altre decisioni di Benitez vanno archiviate alla voce “scelte tecniche”. A questo Napoli di certo non mancano gli esterni di difesa, quindi se l’allenatore ha schierato Britos è perché lo ha scelto. Del resto, lo ha fatto giocare in quel ruolo anche nelle precedenti amichevoli. Così come altre volte, direi spesso, Mertens era partito dalla panchina mentre Insigne partiva titolare. Si può non essere d’accordo, ma non c’è mistero se non per la sparizione di Zuniga. Mesto e Ghoulam erano in panchina, insieme con Inler. 

Quel che turba è che lo smarrimento non è parso solo dei tifosi. Ci ha colpito l’approccio del Napoli alla partita. Titubante. È come se la squadra si percepisse più debole rispetto allo scorso anno. È come se si percepisse scoperta nei punti deboli. Ed è così che il Napoli ha cominciato la partita. Non era una squadra consapevole di sé. Era una squadra che faticava a ritrovarsi, come se non avesse giocato un anno insieme. Del resto, in mezzo al campo ha giocato una coppia inedita. 

Fatta eccezione per le tre conclusioni nei primi sette minuti (due di Hamsik e l’occasione di Insigne), il Napoli poi non ha più toccato palla per un’ora buona. Siamo andati sotto e siamo stati anche sull’orlo del ko anche se gli spagnoli clamorose occasioni non ne hanno avute. La sensazione era di una squadra che giocava a memoria, con un discreto palleggio e un’apprezzabile trama di gioco (sono sempre arrivati quarti nella Liga, i primi dopo Atletico Madrid, Real e Barcellona) e di un’altra che invece si era ritrovata insieme in campo per la prima volta. Con buona pace di Mertens – il cui ingresso è stato molto importante – la gara l’ha cambiata Higuain con un colpo da autentico fuoriclasse, un gol da centravanti vero. Gonzalo ha giocato con una determinazione che da tempo non gli vedevamo. Ha toccato quattro palle importanti: un gol; un assist al bacio per un Callejon mai così svagato e deconcentrato; un altro colpo da centravanti che ha esaltato il portiere del Bilbao; e un sinistro al volo al termine di un’azione carambola che con più fortuna avrebbe potuto regalarci il gol del vantaggio. Un Higuain semplicemente stellare (e non a caso furioso a fine gara). In una squadra stranamente slegata. Che non dava mai l’impressione di giocare insieme da un anno.

È questa la sensazione che ci portiamo addosso. Speravamo di trovare una squadra che giocava a memoria e invece ci siamo sentiti nudi, in campo e sugli spalti. Non ci fraintenda Benitez. Non è che qui pensiamo che dobbiamo per forza disputare la Champions, sappiamo bene di non essere il Manchester United (e non siamo ironici). Ma, magari solo perché accecati dalla passione, non riusciamo a scorgere in maniera nitida alcuni passaggi del progetto. Poi, per carità, la palla è rotonda, Gianni Brera si affiderebbe a Eupalla. Ma noi siamo laici, come Benitez del resto e realisti come il presidente De Laurentiis. E un laico per giunta realista non può fare a meno di pensare che a questo punto abbiamo meno chance del Bilbao di passare il turno. E, nel giorno dell’arrivo di De Guzman, non possiamo non pensare come mai sia arrivato solo adesso. A Bilbao giocheremo ancora una volta con l’eroe per caso. Nella speranza, anche per noi laici, che il miracolo si ripeta. Come per Materazzi nel 2006. (E, per carità di patria, non parliamo del contratto di Benitez).
Massimiliano Gallo

ilnapolista © riproduzione riservata