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Il Corriere affida ad Aldo Grasso il sermone-paccottiglia su De Laurentiis

Il Corriere affida ad Aldo Grasso il sermone-paccottiglia su De Laurentiis

Peggio degli imprenditori manigoldi e dei politici bugiardi ci sono i giornalisti con la bacchetta in mano. Quelli che indossano i paramenti sacri e sproloquiano su tutto, dando pessimi consigli avendo già dato cattivi esempi, magari lavorando per un’azienda che affoga nei debiti. Aldo Grasso, il Nirvana della Tv, il professore che invoca lo stato di grazia e l’assenza di emozioni davanti alla telecamere, nel suo sermone domenicale sul Corriere della Sera scartavetra Aurelio De Laurentiis e lo tratta al pari di un bauscia che sognava il capitalismo e si ritrova con le scarpe rotte e le pezze sul di dietro. 

Faccio una premessa: Aurelione non mi sta simpatico, con molta presunzione dico che non vorrei mai far parte della sua azienda perché con imprenditori simili ho già avuto a che fare: sono i padroni delle ferriere, la forza del denaro è peggio di quella del destino e mettono becco anche su come ti pettini. Non solo: io e Grasso, ancora una volta lo dico con molta presunzione, non capiamo nulla di calcio. Io, in particolare, non mi straccio le vesti se il Napoli non vince; non seguo tutti i giorni quello che succede nell’Italia pallonara e non amo i tifosi, specie quelli partenopei, che ingioiano vagonate di delusioni in nome del “il mio cuore è tutto azzurro” e per questo sopporto e divento più buono. Poi non fa nulla se da domani bestemmio in auto e scatarro davanti a un cassonetto dei rifiuti: in nome del Napoli cosa si fa per non morire.

Però che Aldo Grasso parli di De Laurentiis come uno ai minimi termini non mi sta per nulla bene. Secondo Grasso, il presidente è giunto al capolinea: il suo Napoli è più piccolo di prima perché non si è pappato i soldi della Champions; mal digerisce Benitez con il quale starebbe quasi sul punto di divorziare e la stella più pregiata della flotta partenopea, Higuain, sogna altre divise, più rappresentative e prestigiose. Peggio: Aurelione fa cilecca anche nei film, dal momento che i cinepanettoni sono ormai roba ormai indigesta. Cioè il principe dei critici televisivi ha fatto paccottiglia di quello che circola in questi giorni sui giornali e li ha messi in bella mostra nel suo fogliettone domenicale sul Corriere. Nulla più, nulla meno.

Ma siccome Aldo nostro è il primo della classe deve fare di più e allora zavorra il pezzo mostrando un presidente sulla via del declino, uno che sognava di fare l’imprenditore ed è invece una specie di macchietta nella città perennemente in maschera. Manca soltanto la connivenza con la camorra, il concorso esterno e poi il quadro del Goia-Grasso è completo.

Da che pulpito viene il sermone, roba da voltastomaco. Rcs, il gruppo editoriale del Corriere, è una macchina che accumula debiti ed è un esempio di impresa da non seguire, il primo semestre del 2014 è da ritirata sul Don eppure Aldo Grasso smutanda un imprenditore, Aurelio De Laurentiis, che ha fatto dei conti in ordine la sua strada maestra. In una città come la nostra, capitale del pressapochismo e dell’incertezza, il Napoli non ha neanche un conticino fuori dalla casella giusta. Non so quante società sportive di seria A possano dire lo stesso. Fosse per me, affiderei ad Aurelione anche Bagnoli, la Circum, l’Anm e il Lungomare libberato. Ne farebbe soldi a palate e siccome i soldi non sono lo sterco del diavolo ma aiutano a vivere meglio e piacciono molto anche ai giornalisti (anche a padre Grasso) non si vede perché il grillo parlante della tv debba parlare del presidente del Napoli come di uno sprovveduto qualsiasi.

Si fosse chiamato Ligresti, o Benetton, o Colannino, avesse frequentato i ristoranti che contano, pavoneggiando Milano e sospirando ai piedi della Mole, Aurelione allora sì che avrebbe i galloni da imprenditore consolidato. Ma siccome è fuori dal salotto buono della finanza (ormai ridotto a due camere e cucina) manda a quel paese i giornalisti un giorno sì e l’altro pure, viaggia in motorino schivando i cronisti, affronta i tifosi con le mani, ecco che diventa Aurelione l’apostata. Un consiglio al presidente del Napoli, nello stile tanto caro al buon Cossiga: mandi un bel pacco regalo a casa Grasso, gli faccia dono di una calcolatrice e di un pallone. Quando riuscirà a far di conto e a segnare sulla porta del terrazzo di casa sua, anche Grasso avrà imparato a stare al mondo.
Giampaolo Longo

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