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Povero Lotito: oggi vince chi guadagna, non chi alza i trofei

Povero Lotito: oggi vince chi guadagna, non chi alza i trofei

È dal 15 giugno scorso, dunque 37 giorni, che ogni pomeriggio Claudio Lotito dice la sua. Su ogni risvolto possibile del calcio italiano. Propone la riduzione delle tasse per i club che puntano sui giovani, tende la mano ai suoi tifosi (“Basta incomprensioni”), lancia promesse (“Farò una squadra di alto livello”) e stuzzica gli altri (“Klose in vendita? Non siamo mica la Roma”). Ogni pomeriggio, puntuale, il presidente della Lazio diffonde una nota ufficiale e fa sentire la sua voce. Interviene su Balotelli, su Renzi e celebra anniversari (il 26 maggio la Coppa Italia del 2013, il 5 luglio la permanenza in serie B del 1987). Un attivismo sospetto che quattro giorni fa ha trovato la sua spiegazione quando il presidente di Lega Beretta ha annunciato che proprio Lotito, con Agnelli, è stato incaricato di mettere insieme le linee programmatiche gradite ai club per il prossimo presidente federale. In questa battaglia politica, Lotito e Agnelli sono su posizioni differenti: il laziale guarda di buon occhio alla candidatura di Tavecchio, lo juventino l’ha già bocciata rumorosamente. Lotito e Agnelli hanno litigato fino a consultare i legali per questioni economiche legate alla Supercoppa di un anno fa. Tutto ciò rende evidente come Lotito (politicamente vicinissimo a Galliani) lotti per non perdere la centralità della sua posizione nelle stanze che contano, nel decennale della sua presidenza.

Perché tutto ciò riguarda pure il Napoli è presto detto. In una intervista rilasciata al Guerin Sportivo in edicola, Lotito risponde a un po’ di domande sul suo percorso da presidente di un club che diverso tempo fa ottenne il privilegio negato ad altri di spalmare lungo un bel po’ di anni il suo debito verso lo Stato (6 milioni l’anno da versare, dice Lotito), di fatto evitando il fallimento. Su questo privilegio, Lotito ha poi costruito la sua filosofia calcistica: prima l’attenzione ai bilanci, dopo viene tutto il resto. Ma a Lotito, come si dice a Roma, gli rode quando glielo rimproverano, al punto da affermare al Guerin Sportivo che “bene o male abbiamo vinto due Coppa Italia e una Supercoppa contro Mourinho. A livello giovanile abbiamo uno scudetto, oltre alla Coppa Italia Primavera dopo 35 anni. Potrei dire che la Lazio è la squadra che ha vinto negli ultimi cinque anni più del Napoli, della Fiorentina e di tante altre”.

A contare i trofei, Lotito ha finanche ragione. Ha vinto più lui di De Laurentiis. Ma Lotito non ha il coraggio di essere se stesso fino in fondo. Guarda i bilanci felici e soffre la contestazione per le vittorie che mancano. De Laurentiis, appena può, e sempre in maniera esplicita, ricorda invece che vincere non è il main core del suo business, che volgarità lo scudetto, e via così. Lotito è un innesto. Ha una testa da amministratore moderno e un’anima da presidente anni ’70. Conta le plusvalenze ma pure i trofei. De Laurentiis no. De Laurentiis ha capito cosa significa vincere nel calcio d’oggi, vincere significa piazzarsi, sempre, ogni volta che si può, infatti rivendica per sé la capacità di aver portato il Napoli nelle Coppe negli ultimi 5 anni, caso unico in Italia. Meglio cinque volte secondi che una volta primi e quattro volte quarti. Il calcio d’oggi impone che si ragioni così. Le Coppe sono soldi, i soldi sono l’unità di misura di un imprenditore. Lotito si sente il migliore di tutti in ragioneria, ma si tormenta nel vedere la scarsa corrispondenza che esiste tra i risultati della partita doppia e i risultati della partita allo stadio. Sul fair play finanziario dice: «Gli equilibri sono stati alterati, la censura sarebbe dovuta intervenire con provvedimenti diversi. Juve, Inter e Roma stanno tutte fuori se facciamo i conti e in questo modo non va bene». Ne ha pure per De Laurentiis, nella sua intervista, ricordando che il Napoli è una società liquida, non ha patrimonio, non ha neppure un centro sportivo di sua proprietà. Forse perché la città di Roma ha due squadre, Lotito fatica a nascondere il suo tormento dinanzi alla prospettiva lontana, lontanissima, di un nuovo scudetto. De Laurentiis questo tormento non ce l’ha, non si indebiterebbe mai per uno scudetto e non sa nemmeno più come farcelo capire.
Il Ciuccio

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